Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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venerdì 9 maggio 2014

Il maglione giallo, il maglione blu.

Dovevo partire, ma ero troppo triste per  sentirmela di guidare per oltre tre ore.
Sono tornata a casa, non ho potuto evitare di aprire il tuo armadio, toccare le tue cose. Accarezzare con gli occhi i tuoi maglioni vuoti di te. 
Il maglione giallo come è giallo il sole in un una bella giornata di giugno. Con quello addosso, anche nel grigio dell'inverno portavi l'allegria. 
Quello blu, il tuo preferito che ti stava tanto bene. Non l'ho più lavato. C'è ancora un tuo capello sulla manica, come se te lo fossi appena sfilato, con quel gesto così familiare, così tuo. Lo tocco , cerco il calore della tua pelle sotto il maglione.
Chi vuoterà questa casa li metterà in un sacco e li darà via, scuotendo la testa, chiedendosi cosa li ho tenuti a fare. Ma per me tu sei ancora lì dentro. E ne ho cura. Estrema cura, come quando eri qui.  Poi metteranno tutto in un sacco.  E anche queste parole non esisteranno più.

sabato 3 maggio 2014

Viaggio in un eterno inverno

Memoria, memorie.

Una volta quando una persona moriva nel giro di meno di un anno spariva tutto di lei, a volte non c'era neppura una croce a ricordarla. Nel giro di un paio di generazioni poi ne sparivano le tracce, rimanevano solo nei registri delle parrocchie, quando non andavano a fuoco. Le foto non esistevano e i ritratti erano appannaggio dei ricchi. La maggior parte degli esseri umani non ha lasciato tracce.
Dei miei bisnonni so poco: qualche foto, i nomi e le date di nascita e di morte, pochi aneddoti. 
Oggi invece lasciamo scie a distanza di anni. Continuano ad arrivare le mail e soprattutto continuano ad arrivare i promemoria impostati su server che continuano imperterriti a credere che nulla sia cambiato.
E questi promemoria scatenano ricordi, storie, racconti. 
Potrei scrivere un libro sulla famiglia di Pablo sulle loro storie. Sono ormai l'unica a ricordarle, sono io la loro memoria. 

Cinema

Ieri sera mi sono obbligata ad andare al cinema, volevo obbligare la testa a stare ancorata a una storia, un'altra storia, per tutti i 120 minuti del film.
Ma non è possibile, all'improvviso mi si sono riempiti gli occhi di lacrime: in tutte le storie c'è qualcosa che rimanda a quello che non potrà più essere.

Cervello fritto

Il lutto frigge il cervello. Qualcosa col passare del tempo si recupera, ma non si ritorna mai più quelli di prima. È come una cicatrice sulla pelle: la ferita si è rimarginata, ma la pelle non è più liscia e elastica come prima dello squarcio. Non tornerà mai più come era prima.
E tante risorse rimangono aggrappate al vuoto, alla mancanza, alla rabbia, ai ricordi.
Il lutto fa invecchiare il cervello, l'invecchiamento avanza a velocità decuplicata rispetto a chi non è vittima del lutto.
Ho detto cervello, ma avrei potuto dire anima, pelle, occhi, pelle... Mi guardo nelle foto che ci ritraggono insieme e mi guardo allo specchio: non sono più quella. Sono l'ombra di quella che ero.

giovedì 1 maggio 2014

Barbaglio, illusione

Chiudo la porta, la lama di luce del pianerottolo sparisce. Buio. Buio e silenzio.
A volte guardo illusa verso il tuo studio, sperando di vedere la luce del computer e tu davanti a scrutare il monitor. 
Barbaglio nel buio dell'anima.
So che quando ti pare ci sei. Ma non può bastarmi, lo sai.

I colleghi pianificano le loro ferie, parlano di viaggi. Devo nascondere la rabbia e il dolore per quei viaggi che non abbiamo mai fatto e che non potremo mai fare.