Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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venerdì 18 dicembre 2015

Subdole arrivano le stilettate dei ricordi

​Basta nulla, proprio nulla.
Basta che in una conversazione venga inserita una frase dall'aspetto innocente: "sono passata nel tale negozio, quello che è vicino alla casa di Pablo".
E si apre uno squarcio gelido e rovente.
E si chiude la bocca dello stomaco.
E si curvano le spalle.
E lo sguardo si perde all'indietro, in quei ricordi che adesso, di nuovo fanno male, perché irripetibili. Perché vorresti tanto che in questi giorni  in cui si pensa a comprare i regali, a festeggiare il natale, si compisse il miracolo di riavvolgere indietro il nastro del tempo, il miracolo di riaverlo vivo accanto, in carne e ossa, con il calore delle sua pelle, con l'odore suoi capelli, con il suono della sua voce, con l'abbraccio ...
...e invece...
Le lacrime spingono da dietro le palpebre, vorrei ranicchiarmi, lo stomaco è sempre più un nodo di pietra che preme verso la gola, la testa si fa di nuovo vuota, raggelata dall'enormità di questa morte, dall'assurdità della mia sopravvivenza.


mercoledì 9 dicembre 2015

lista Natale 2015

Ho preparato la lista. Persone che si aspettano un regalo o un pensiero da me, persone a cui voglio bene, persone a cui desidero fare un regalo.
Tu eri sempre il primo della mia lista, il regalo per te era quello a cui dedicavo più energie, era quello che mi scaldava il cuore. Quello più importante.
Volevo farti felice, volevo regalarti quello che desideravi. Spiavo i tuoi occhi per indovinare cosa cercare. Rivoltavo il mondo per trovarlo.
Ho il nostro ultimo Natale stampato nel cervello, impresso nel cuore. Sfrigolante della tua mancanza.
E il tuo nome continua a essere il primo. 
Come sempre.
Ma non posso più rivoltare il mondo. Mi manchi.

sabato 21 novembre 2015

Evoluzione del lutto: riflessioni da dentro

Continuare a frequentare il gruppo mi porta a riflettere su quanto siano diversi i bisogni di ciascuno di noi.
Io avevo iniziato a frequentarlo perché era l'unico posto dove ci fossero persone in grado di provare empatia con me. Erano le uniche che avessero un orecchio capace di ascolto, capace di ascoltare il dolore, lo strazio, la rabbia. Erano le uniche con cui io avessi qualcosa in comune, e questo qualcosa era ormai la totalità del mio essere: il lutto.
Null'altro. Non volevo ricette, non volevo risposte a domande. Il dolore, il desiderio  di non vedere il giorno di domani, la rabbia, erano parte di me, erano me. Non mi ponevo neppure il problema di doverci convivere. Mi era precipitato il mondo addosso, e nessuno avrebbe potuto fare nulla per togliere quelle macerie.
F. invece non voleva più stare male. Non parlava mai del marito morto, che pure amava, il suo problema era non essere capace di riprendersi rapidamente, di riprendere rapidamente il controllo di sé stessa. Guardava a ciascuno ansiosa di trovare conferma al fatto che si sarebbe ripresa.
G. era come me.
A. era arrivata con una necessità impellente di rivivere ogni attimo di quella giornata che aveva segnato la fine di tutto. Poi all'improvviso ha deciso di bloccare tutto. Bloccarsi.
E. veniva perché era l'unico posto dove poteva dar voce e dar corpo al lutto, il resto del tempo doveva fare la mamma serena e fiduciosa che dà stabilità ai bambini.
M. era piena di risentimento contro tutti, rivoleva la sua vita esattamente come prima, non intendeva cambiare nulla.
E così via: C., M., F., A., P., C., I., G., G., G., O., A., .... e tutti gli altri.
Tante storie, tanti dolori, tanti percorsi diversi. Quasi tutti però con una cosa in comune: l'evoluzione. Il cambiamento.
Si evolve. Il lutto evolve, anche senza il contributo del diretto interessato. Evolve nonostante noi. Nonostante io non abbia mai avuto il bisogno di andare avanti. Non me ne fregava nulla di andare avanti. Il mio unico desiderio era di farla finita con tutta quella sofferenza con quel vuoto spaventoso, e l'unica soluzione che concepivo per questo era sic et simpliciter la mia morte. Solo la mia morte avrebbe potuto darmi sollievo. Non vedevo altre vie, al contrario di F. che avendo due figlie aveva bisogno di esserci per loro, esserci. Al contrario di tutti quelli che avevano ancora accanto persone di cui doversi prendere cura.
Trovavo impraticabile l'idea che fosse possibile vivere senza tutto quel dolore travolgente.
Invece...
Si evolve, tant'è che con mia grande sorpresa, dopo quasi 4 anni ho avuto voglia di fare qualcosa che un tempo mi dava piacere.
E soprattutto ascoltando e guardando chi è appena arrivato vedo le differenze tra me e loro. Vedo in loro quella che ero, non quella che sono.
Questo non vuol dire che il processo sia lineare, tutt'altro. Aspettatevi che il dolore torni a togliervi il fiato, a piantarvi lame roventi nell'anima. Aspettatevi di star male, di precipitare nella disperazione. Ma ogni volta durerà un po' meno.

riflessi sull'acqua, riflessioni sull'evoluzione del lutto


Come ipnotizzata della luce e dall'acqua che scomponevano l'immagine continuavo a guardare questa foto.
E' lo sfondo del mio PC.
L'ho scattata io un paio di settimane fa.
Incredibilmente ho avuto voglia di uscire per fare delle foto alla luce dell'autunno.
Incredibilmente ho avuto voglia.
Solo qualche mese fa sarebbe stato impensabile per me aver voglia di qualcosa che non fosse legato ai bisogni primari di dormire e nutrirsi (all'inizio neppure nutrirsi). E soprattutto avere l'energia, la spinta per soddisfare questa voglia.
Non ho dimenticato nulla del dolore, della mancanza, del lutto.
Non ho archiviato nulla di tutto quello che ha devastato la mia vita.
La mia solitudine indotta dalla morte è chiaramente presente, la vivo con consapevolezza ogni istante, ci faccio i conti. Ci devo fare i conti.
Ma ho avuto il desiderio di fare qualcosa che mi ha sempre dato piacere, fin da piccola. Qualcosa che è parte significativa di me.
Per i primi mesi, per i primi anni del lutto avevo la necessità impellente di fare le cose per lui. Vedere prima con i suoi occhi che non c'erano più, e poi -forse- anche con i miei. Necessità impellente, imprescindibile. Io ero viva -purtroppo-, lui non era più accanto a me, non poteva gioire con me, non poteva fare più nulla, non potevamo più fare nulla insieme. Così io dovevo farlo da sola per entrambi, ma prima per lui e poi -forse- per me.
Ora non è più così? Non lo so. I confini non sono mai netti, esattamente come nel mio sfondo.
E' proprio quello che mi ha affascinato leggendo l'immagine.
La transizione della luce, il melange delle imagini riflesse, scomposte e ricomposte. La profondità oscura di quell'acqua che privata del riflesso cangiante si mostra nera, ignota, indecifrabile.
Pace, ma allo stesso tempo inquietudine.

sabato 24 ottobre 2015

Un altro compleanno senza la torta

E' il quarto compleanno in cui non posso più comprare un regalo per te.
Quattro, ma sembra solo ieri l'ultima volta che ti ho abbracciato.
Quattro anni, ma il ricordo di te è ancora vivo in tantissimi di quelli che hanno incrociato la tua vita.
Mi vien spontaneo raccontarti le novità che li riguardano, ma i tuoi orecchi non possono più ascoltarmi.
Sicuramente saprai già tutto di tutti, senza bisogno dei miei racconti.
Sicuramente hai vegliato su molti se non su tutti, qualcuno ti ha sentito, qualcuno ti ha visto, qualcun'altro è stato abbracciato da te.
C'è una continuità nel tuo prenderti cura di quelli che ami, continuità che va oltre la morte. Continuità che in qualche incredibile modo mi consola, mi rassicura, mi riscalda.

sabato 17 ottobre 2015

sala di attesa

Essere qui, ma non esserci più completamente, compiutamente.
Essre consapevoli di quanto tutto questo agitarsi sia inutile, superfluo.
Essere consapevoli che i valori sono altrove.
Sapere che viene dal sentire.
Questo si diviene, talvolta.
Ma quanto doloroso è questo divenire, pagato a caro prezzo.

sabato 15 agosto 2015

A tutti quelli che mi scrivono, che lasciano commenti

a tutti quelli che mi hanno mandato parole di conforto, a tutti quelli che hanno voluto condividere con me i loro sentimenti tanto uguali ai miei.
A voi tutti grazie.
A volte non ho potuto rispondervi singolarmente, a volte non era immediatamente necessario.
Ma siete stati e siete tutti molto importanti per me.
In chi mi ha detto "mi ritrovo nelle tue parole" ho trovato io una ragione per dare almeno un piccolo senso a tutta questa mia immensa sofferenza.
A volte le vostre parole mi hanno fatto compagnia in un momento particolarmente difficile e duro. A volte leggere le vostre storie, potervi rispondere mi ha fatto sentire un pochino utile.
Grazie.

giovedì 23 luglio 2015

Gli aspetti del lutto

Uno degli aspetti più feroci del lutto, di quel lutto che ti toglie il 50% della tua vita, è che smettono di esistere le aspettative.
Non parlo delle grandi aspettative, come per esempio "da grande voglio fare il cardiochirurgo e salvare tante vite umane".
Parlo delle piccole aspettative del quotidiano, che alla fine sono quelle che consentono ad ognuno di noi di vivere giorno per giorno aspettando con gioia , o anche solo con curiosità, che arrivi il giorno di domani. O anche solo le prossime ore della giornata.
Le piccole aspettative su un film da andare a vedere, su una pietanza che si desidera mangiare, su un albero da piantare, su una finestra da ridipingere, su una telefonata da fare, una visita. 
Le piccole cose che fanno la nostra piccola vita di tutti i giorni
Per tantissimi anni della mia vita ho vissuto di progetti. 
Progetti condivisi. 
Come terminare un viaggio e pensare subito al successivo. 
Si creano aspettative, progetti che si condividono, itinerari che si costruiscono e si demoliscono di continuo, limando, aggiungendo, rivedendo. Uno scambio continuo di conoscenza cementato dalla complicità della coppia. Un confronto continuo sulle piccole e grandi cose della vita.
Il lutto ti strappa via questo confronto.
Il lutto strappa pezzi di quello che sei, che eri.
Ho dovuto trapiantare una Bouganville.
Era una pianta piena di vita, di energia, di voglia di crescere, anche se era costretta in un vaso.
Non credevo che le radici della Bouga fossero così delicate. Nonostante cercassi di preservare intatto il pane di terra si sono spezzate, strappate. La pianta è rimasta con poco di quello che era un rigoglioso apparato radicale.
L'ho messa in piena terra, esposta correttamente, con un bel graticcio a sostegno dei rami. Acqua , nutrimento.
Non è morta, è viva, ma è chiaramente sofferente. Non ha più voglia di crescere.
No.


domenica 5 luglio 2015

la fatica di vivere

Ho dovuto aprire faldoni di documenti, scatole di fotografie. 
Fiumi di ricordi hanno rotto gli argini.
Il lutto, il dolore del lutto è schizzato fuori da quelle scatole investendomi, travolgendomi.
Dolore dell'anima che straripa e diventa dolore del corpo.
Chi dice che il tempo guarisce mente.
Nulla sarà più come prima, nulla mai più sarà.

lunedì 29 giugno 2015

Gli agapantus e il palombaro

In giardino sono fioriti gli agapantus. Steli impettiti e glabri coronati da un esplosione di blu. Il fiore simbolo del natale in Argentina. Li guardo e rivedo il nostro unico natale con la luce abbagliante di un dicembre travestito da giugno. Li guardo e l'anima si sbriciola nella nostalgia, nel dolore della tua mancanza. Nel vuoto.
Cerco nella vecchia cucina semiabbandonata gli echi delle estati in cui stare qui era gioia. Bambina, adolescente, adulta, non c'è più nulla. Mi muovo, vivo, come se fossi dentro la veste di un palombaro. Appesantita. Schiacciata. E purtroppo cosciente. 

sabato 27 giugno 2015

Sto male. Sto male.

Sto male. Quante volte l'ho scritto, quante volte mi  son tenuta dentro, ben celato a tutti, il mio star male.
Lo analizzo, lo rigiro, lo seziono, lo passo al microscopio, nell'illusione che la mia conoscenza di lui un poco lo plachi, gli metta la sordina.
Sto male.
E' iniziato l'atra settimana in quel salone affrescato, nel castello dove avevamo cenato anni  fa, in una notte di un'altra vita. Nel salone deserto in un pomeriggio d'estate si è materializzata una notte d'inverno, lampadari accesi, vapori di cibi, i tavoli apparecchiati per otto, i commensali seduti, i camerieri-attori che inscenavano un delitto. Ero in piedi dietro alla tua seggiola. Spettatrice di quello che non potrà più essere.

È proseguito l'altro ieri, vedendo immagini che era così innaturale non poter commentare, condividere con te. Immagini che avevo già visto quando nel giadino di M. Ines facevo scorrere foto e documenti che avrei dovuto distruggere perchè non potevo portarli con me.
Guardavo quei ragazzi pieni di energia che percuotevano tubi di scarico in pvc, vecchie padelle, bidoni e taniche. Li guardavo cercando le tue parole che mi avrebbero spiegato i perché, che mi avrebbero fornito una chiave di lettura che a nessun altro lī intorno sarebbe stata concessa. Cercavo le tue parole, cercavo te.
Stordirsi di sfinimento, ma continuare a sentire l'assurdità del mio dover essere sola lì. 
Ed è proseguito ieri sera, con la tua assenza invisibile agli altri, ma stampata a fuoco nel mio cervello, nella mia anima. Che stilettata sentire che l'inutile e presuntuoso F. se ne andava tronfiamente in pensione, progettando viaggi e vacanze con una moglie trattata sempre  con supponenza. Tu eri mille volte meglio di lui, eppure sono io a essere qui da sola. Inventarsi di aver parcheggiato dalla parte opposta per non dover sopportare di vedere gli altri andarsene in due, mentre io sono senza più te. Scappare dalla vista di quello che per noi non può essere più.
Sto male.

sabato 2 maggio 2015

stanca

Perché devo aprire gli occhi la mattina? Tutte le mattine.
Perché mi tocca ancora continuare a respirare?
Cosa devo aspettare ancora prima di avere sollievo?
Quanto devo aspettare ancora?

Ti sarò accanto, mi hai detto. Lo so che ci sei, ma non mi basta, non so farmelo bastare. Io sono ancora ancorata qui, ho tutti i cinque sensi terreni, ed è attraverso quelli che qui so relazionarmi.
Sono stanca. Tanto stanca.
Stanca.

venerdì 1 maggio 2015

Primo maggio

Primo maggio. Giorno di festa. Ponti, viaggi, ricordi.
Ormai solo ricordi. Niente più progetti. Niente aspettative.
Nienta.
Morendo ti sei portato via tutto. 
A. è convinta, spera, di morire il 3 maggio. Anniversario della morte di suo marito.
A. non è mai stata capace di vivere per sé. Neppure sa cosa le piace, non se lo è mai chiesto, andava dietro a suo marito. In quello che mi racconta della sua vita vedo solo lavoro, il lavoro che piega la schiena, non quello che dà la gioia di creare qualcosa. Ma lei ne era lieta, in cambio chiedeva solo di essere amata. Aveva investito tutto sul marito e sul figlio. E in pochi mesi li ha persi entrambe. Morto il marito, uscito dal nido il figlio per crearsi la sua famiglia. 
A. è persa, incapace di stare con solo se stessa. 
Io non sono come lei. Io so stare con me, io so cosa mi dà piacere. Ma non ne ho più voglia. Mi lascia indifferente. Il lutto mi ha succhiato via me stessa. Si è spenta la luce che avevo dentro. Per la maggior parte del tempo sono invisibile, mi sento invisibile.
È solo lo sguardo innamorato dell'altro che ci rende vivi? 

martedì 28 aprile 2015

Serenità

Ho avuto la fortuna di incontrare una vera  medium.
Un incontro casuale, non cercato perché ho sempre diffidato molto.
Un incontro che mi ha dato molta serenità, emozione e gioia.
Sono sempre stata estremamente concreta, razionale, diffidente. Ma sono anche curiosa, aperta a quello che non conosco.
Auguro a tutti quelli che ne hanno bisogno di poter vivere un'esperienza di serenità come quella che ho vissuto io.

Quello che conosciamo e al quale ci aggrappiamo è solo una piccolissima parte di quello che siamo .

lunedì 27 aprile 2015

Dare parola al dolore

Dai commenti che ricevo (tutti privati) mi rendo conto che questo blog non serve solo a me per mettere in fila le parole de mio dolore, ma serve anche ad altri sconosciuto per dare parole al proprio lutto.
Per me è una necessità, uno sfogo verbalizzare, tradurre in espressioni compiute  lo strazio che mi toglie il respiro, ma mi rendo conto che per altri non è così immediato, così semplice; e il dolore rimane dentro, esplode dentro, come in una ferita il cui pus non riesce a essere spurgato.

domenica 26 aprile 2015

nuovi compagni

Ieri ho saputo che B. ha un nuovo compagno.
Suo marito, il suo adorato marito L. è morto da 8 mesi.
Faccio sempre tanta fatica a capire, ma rispetto chi non ce la fa ad andare avanti da sola/o, chi ha bisogno di avere qualcuno accanto  per riuscire ad andare avanti.
Le sue figlie non lo vogliono accettare, non riescono a capire.
E questo è egoismo.
E' ovvio che fa male vedere un altro uomo accanto alla propria mamma, un altro uomo nel ruolo che era sempre stato del proprio padre.
E' ovvio, è naturale ed è comprensibile.
Ma se si è adulte, se si ha la propria vita e si ha il proprio compagno con cui si fanno progetti per il futuro, allora è necessario fare un passo indietro, lasciare che la propria mamma che è stata devastata dal dolore, possa percorrere il proprio cammino senza da lei pretendere nulla.
Auguri B., che il dolore possa esserti almeno un poco alleviato da questa persona che ti camminerà a fianco. La mancanza di L. rimarrà dentro di te per sempre, come rimarranno i ricordi dei vostri momenti felici e quelli della lotta contro la malattia.
Auguri B., un poco ti invidio, non perché tu abbia un compagno, ma per la voglia che hai potuto trovare dentro di te, la voglia di continuare a camminare sul sentiero di questa vita costruendo ancora qualcosa per te stessa.
Auguri cara, con tutto il cuore.

lunedì 20 aprile 2015

Non posso toccare nulla

I cassetti sono ancora come li hai lasciati tu, I vestiti nell'armadio sono appesi in ordine, solo coperti da un vecchio lenzuolo per proteggerli dalla polvere. La tua scrivania, le tue cose, i tuoi libri...
So che non ti serviranno più. So che non tornerai mai più a riempirmi la vita con la tua presenza calda e goiosa. Lo so bene. Ma non riesco a toccarli.
Apro e richiudo.
Le tue valige non ho potuto disfarle. Sono lì da tre anni e due mesi
Un altra volta, forse. Ora non posso.
Ora mi fa troppo male.
Quando morirò li troveranno come li hai lasciati tu, e penseranno che sono una povera stupida pigra.
Amen.

domenica 19 aprile 2015

Non sono morta (purtroppo)

E' da tanto che non scrivo qui, qualcuno me l'ha fatto notare, preoccupato per il mio silenzio.
Non ho scritto neppure per l'anniversario della morte: 3 anni. Non l'ho fatto non perché non avessi dentro un dolore terribile. Ma perché quest'anno il dolore era diverso, e ho cercato di capire in cosa stesse la differenza.
Ho cercato di capire se io fossi cambiata e perché.
Mi viene spontaneo il paragone con l'arto amputato del marito di A. Amputato da due anni. Adesso ha una gamba artificiale provvisoria e riesce a muoversi, non ha più bisogno della sedia a rotelle, ma lui sa che sotto i pantaloni non c'è più la sua gamba, lo vede e lo tocca ogni sera spogliandosi, ogni volta che incontra un dislivello sul marciapiede, ogni volta che trova un ostacolo che non può affrontare con una protesi.
Io forse sono come il marito di A.
Mi sono alzata dalla mia sedia a rotelle, ogni mattina mi metto quella protesi per camminare, ma so perfettamente che la mia gamba non tornerà mai più quella di prima. Che la mia vita non sarà mai più quella di prima. E lo so soprattutto quando finisco di lavorare, quando torno in una casa deserta e gelida (anche se il termometro segna che c'è caldo). Lo so quando sento parlare della famiglia, quando vedo gli altri fare i loro progetti per le vacanze, per il fine settimana o per la serata.
Io non ho più progetti.
Io non ho più voglia di fare progetti
Io non ho più voglia di vivere.
Mi alzo perché devo andare al lavoro, ma il sabato e la domenica, il più delle volte vegeto. E il mio vegetare è invisibile agli occhi del mondo.
Stasera A. vedova da tre anni mi ha chiamata in un momento di cupo dolore, tra poco è l'anniversario del suo matrimonio con N., un matrimonio felice, appagante, quieto: "quando muoio devi salire sull'altare e spiegare a tutti che per me è una liberazione, che sono felice di morire" mi ha detto, pregando ogni sera di morire.
E' la dannazione di noi che non abbiamo il coraggio di suicidarci. Demandiamo a Dio il dovere di levarci da tutto questo dolore.
Ma Dio, beffardo, non ci ascolta.

venerdì 9 gennaio 2015

S O L A

Come è faticoso vivere.
Quanto è faticoso vivere.
Non è la fatica dello zappatore che torna a casa con la schiena spezzata.
E' la fatica di un cuore congelato nella solitudine generata da un lutto precoce.

"Ognuno sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole. Ed è subito sera".Da bambina non lo capivo proprio quell'essere soli. Che ciascuno fosse solo mi pareva così impossibile.
E invece oggi lo vivo dolorosamente sulla  mia pelle.

S  O  L  A  
S O L A 
SOLA

"Apro gli occhi e vedo quattro enormi lettere sul muro: SOLA" me lo diceva pochi giorni fa L.
suo marito è morto da oltre 15 anni, eppure è quello che lei vive ogni giorno. Era un matrimonio felice il suo: C. era un brav'uomo. Le due metà di una mela. Seconde nozze per lui, vedovo di una moglie che lo aveva iniziato a disprezzare, con un figlio allevato nel culto della pochezza del padre.
Un figlio anaffettivo, dei genitori egoisti, C. alla fine aveva trovato in L. quello che aveva sempre cercato. Ma la vita non fu generosa con lui: gli tolse subito la salute. La sua morte fu un atroce calvario che ha segnato L. per tutto il resto della sua vita. 
L. brillante, vivace, colta, piena di amici, ma è sola. Quando chiude quella porta anche lei, come me è tragicamente sola.
Perché il mondo rimane fuori, perché i nostri affetti non sono più al di qua di quella porta.
Perché noi avevamo la nostra famiglia e ci è stata strappata.