Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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lunedì 29 giugno 2015

Gli agapantus e il palombaro

In giardino sono fioriti gli agapantus. Steli impettiti e glabri coronati da un esplosione di blu. Il fiore simbolo del natale in Argentina. Li guardo e rivedo il nostro unico natale con la luce abbagliante di un dicembre travestito da giugno. Li guardo e l'anima si sbriciola nella nostalgia, nel dolore della tua mancanza. Nel vuoto.
Cerco nella vecchia cucina semiabbandonata gli echi delle estati in cui stare qui era gioia. Bambina, adolescente, adulta, non c'è più nulla. Mi muovo, vivo, come se fossi dentro la veste di un palombaro. Appesantita. Schiacciata. E purtroppo cosciente. 

sabato 27 giugno 2015

Sto male. Sto male.

Sto male. Quante volte l'ho scritto, quante volte mi  son tenuta dentro, ben celato a tutti, il mio star male.
Lo analizzo, lo rigiro, lo seziono, lo passo al microscopio, nell'illusione che la mia conoscenza di lui un poco lo plachi, gli metta la sordina.
Sto male.
E' iniziato l'atra settimana in quel salone affrescato, nel castello dove avevamo cenato anni  fa, in una notte di un'altra vita. Nel salone deserto in un pomeriggio d'estate si è materializzata una notte d'inverno, lampadari accesi, vapori di cibi, i tavoli apparecchiati per otto, i commensali seduti, i camerieri-attori che inscenavano un delitto. Ero in piedi dietro alla tua seggiola. Spettatrice di quello che non potrà più essere.

È proseguito l'altro ieri, vedendo immagini che era così innaturale non poter commentare, condividere con te. Immagini che avevo già visto quando nel giadino di M. Ines facevo scorrere foto e documenti che avrei dovuto distruggere perchè non potevo portarli con me.
Guardavo quei ragazzi pieni di energia che percuotevano tubi di scarico in pvc, vecchie padelle, bidoni e taniche. Li guardavo cercando le tue parole che mi avrebbero spiegato i perché, che mi avrebbero fornito una chiave di lettura che a nessun altro lī intorno sarebbe stata concessa. Cercavo le tue parole, cercavo te.
Stordirsi di sfinimento, ma continuare a sentire l'assurdità del mio dover essere sola lì. 
Ed è proseguito ieri sera, con la tua assenza invisibile agli altri, ma stampata a fuoco nel mio cervello, nella mia anima. Che stilettata sentire che l'inutile e presuntuoso F. se ne andava tronfiamente in pensione, progettando viaggi e vacanze con una moglie trattata sempre  con supponenza. Tu eri mille volte meglio di lui, eppure sono io a essere qui da sola. Inventarsi di aver parcheggiato dalla parte opposta per non dover sopportare di vedere gli altri andarsene in due, mentre io sono senza più te. Scappare dalla vista di quello che per noi non può essere più.
Sto male.