Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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domenica 23 dicembre 2012

Le loro cose.

Mi son rimaste solo le cose, le cose delle persone. Non ci sono più le persone accanto a me,  ci sono solo le loro cose.
Quando morì mamma sentii per la prima volta questo terribile peso, il peso di essere depositaria delle loro cose.
Per me è un peso enorme sulle spalle, esserne la custode.
Quando morì mamma avrei voluto essere un'indiana, una pellerossa di altri tempi, quando le uniche cose che la gente possedeva erano una coperta e un tepee.
Ho dovuto aprire due cassetti nello studio di Pablo, stavo cercando il mate che avevamo comprato in Argentina.
Ho dovuto smettere immediatamente, ho sentito salire da dentro quella sensazione angosciante che impedisce di respirare.
Non ce la faccio. E' inutile che diciate il contrario, io non ce la faccio non sono più fatta di acciaio.
 E Pablo prima di me ne era stato schiacciato. I ricordi dei suoi nonni, di sua Mamma, di suo Babbo, dei suoi fratelli. Mi ricordo quando in Argentina gli dissi di buttate il pupazzino che era del compleanno di Mario Luis. Adesso capisco cosa provava. Sto male anche per lui.

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