Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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venerdì 7 dicembre 2012

TV

Accendo la tv. Non mi interessa quello che c'è, è solo un modo per cercare di portare l'attenzione su altro dal mio dolore, dall'assenza di Pablo, dalla sua morte.
Accendo la tv, ma non ho più grande capacità di concentrazione, o per lo meno ne ho molta meno di prima e per periodi più brevi.
Cerco il rassicurante già visto. Mi soffermo sui film già visti, sulle serie dove più o meno i personaggi son sempre gli stessi.
Spesso rimango in compagnia della famiglia Robinson. Una serie degli anni 80. Gli anni in cui avevo la vita davanti, in cui io ero la gioia di vivere fatta persona. Anni in cui avevo tanta energia, tanta voglia di costruire, di esplorare, di scoprire.
Una serie che parla di una famiglia, a me che son rimasta sola. Forse è quello il principale motivo per cui la guardo. La mia famiglia era Pablo, eravamo io e Pablo. Non è rimasto più niente. Non perché io sia niente, ma perché per essere una famiglia bisogna essere almeno in due. E io sono sola.

Accendo la tv e trovo un film carino, uno di quelli dei buoni sentimenti.Un film che ti lascia con il sorriso sulle labbra.
Un film corale che sembra parlare della vita di tutti i giorni, dove le vite dei vari personaggi, apparentemente slegati tra di loro, si intrecciano man mano che passa il tempo, fino ad arrivare al finale che li riunisce tutti.
Ambientato nel periodo natalizio. Attuale, quindi.
Love actually - l'amore adesso.
Avevo il sorriso sulle labbra, fino alla scena mosaico finale in cui ciascuno ha una persona da amare in modo speciale, in cui ciascuno è riamato in modo speciale da una persona speciale. In cui ciascuno riceve e dà un bacio, una carezza al soggetto del proprio amore.
Lì sono precipitata nel gorgo doloroso dell'evidenza dell'assenza di Pablo.
Non mi abbraccerà più. Non lo potrò abbracciare più.

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