Lo analizzo, lo rigiro, lo seziono, lo passo al microscopio, nell'illusione che la mia conoscenza di lui un poco lo plachi, gli metta la sordina.
Sto male.
E' iniziato l'atra settimana in quel salone affrescato, nel castello dove avevamo cenato anni fa, in una notte di un'altra vita. Nel salone deserto in un pomeriggio d'estate si è materializzata una notte d'inverno, lampadari accesi, vapori di cibi, i tavoli apparecchiati per otto, i commensali seduti, i camerieri-attori che inscenavano un delitto. Ero in piedi dietro alla tua seggiola. Spettatrice di quello che non potrà più essere.
È proseguito l'altro ieri, vedendo immagini che era così innaturale non poter commentare, condividere con te. Immagini che avevo già visto quando nel giadino di M. Ines facevo scorrere foto e documenti che avrei dovuto distruggere perchè non potevo portarli con me.
Guardavo quei ragazzi pieni di energia che percuotevano tubi di scarico in pvc, vecchie padelle, bidoni e taniche. Li guardavo cercando le tue parole che mi avrebbero spiegato i perché, che mi avrebbero fornito una chiave di lettura che a nessun altro lī intorno sarebbe stata concessa. Cercavo le tue parole, cercavo te.
Stordirsi di sfinimento, ma continuare a sentire l'assurdità del mio dover essere sola lì.
Ed è proseguito ieri sera, con la tua assenza invisibile agli altri, ma stampata a fuoco nel mio cervello, nella mia anima. Che stilettata sentire che l'inutile e presuntuoso F. se ne andava tronfiamente in pensione, progettando viaggi e vacanze con una moglie trattata sempre con supponenza. Tu eri mille volte meglio di lui, eppure sono io a essere qui da sola. Inventarsi di aver parcheggiato dalla parte opposta per non dover sopportare di vedere gli altri andarsene in due, mentre io sono senza più te. Scappare dalla vista di quello che per noi non può essere più.
Sto male.
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