Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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domenica 14 settembre 2014

La bici rossa

La bicicletta rossa con i parafanghi cromati l'avevo presa per mamma.
La utilizzò forse due volte, poi la lasciò ferma. Non si sentiva sicura. Era la "bici di mamma". Nessuno la prendeva.
Qualche anno dopo la morte di mamma, Pablo la riadattò a sé. "Ho risparmiato 50 euro" mi disse con quella sua aria soddisfatta che sottintendeva "guarda che bravo che sono stato!".
Anche lui la usò poche volte, aveva incominciato a non stare bene. I copertoni hanno ancora i baffi di gomma. I tacchetti dei freni sono nuovi.
La bici che doveva pedalare accanto alla mia.
La mia, ormai senza freni che non sono capace di aggiustare. Me li doveva aggiustare Pablo.
"Prendi la mia!". "No, io voglio il mio mucchietto di ruggine che nessuno mi ruba". Per fermarmi scendevo al volo.
Oggi ho finito di riadattare a me la bici di Pablo.
Disfare quello che lui aveva fatto. In un silenzio senza interlocutori che leva il fiato. 
Vorrei addormentarmi, finire. 
Chiudere. 
Basta. Per favore basta.

Aria di smalto lucido

La tristezza non dipende dal clima.
Oggi c'è un sole splendente, aria di smalto lucido.
Forse dipende dalla domenica.
Mi sono svegliata con la morte. Morti che non ho conosciuto direttamente, ma che ugualmente mi sono penetrate in qualche modo dentro. 
Mi sono svegliata con l'immagine di mia mamma e mia zia giovani, al cimitero, dove ormai c'erano i tre quinti di quella che quando erano bambine era la loro famiglia felice. Mi sono svegliata con il loro dolore dentro di me. Accudivano piangendo la loro famiglia, la tomba della loro famiglia.
Non ho mai avuto paura della mia morte, ma di quella di chi amavo.
Dicevo a mio marito "voglio morire prima io di te".
E invece eccomi qui a vivere la loro morte.
Condannata a sopravvivere.
Ieri una coppia male assortita litigava in continuazione. 60 anni portati male. Forse 65-70.
Italiano lui, dell'est lei, forse arrivata qui come badante. Un estenuante, continuo brontolio lamentoso, astioso. Il motivo erano i soldi della spesa: "hai mangiato la mia uva", "non hai comprato la maionese perché la mangio io", "le more che hai preso fanno schifo", "non compri la crema solare, ma poi usi la mia"...
Volevo dire loro "non c'è amore, non c'è stima, non c'è rispetto: dividete le vostre strade!", ma poi mi sono risposta da sola che la solitudine spaventa.

sabato 13 settembre 2014

Vivre naif

Ho freddo. Non ostante la doccia bollente ho freddo.
Tiro fuori la vecchia felpa blu. Tutte le volte che me la mettevo mi dicevi che ti piaceva e leggevi ad alta voce la scritta sulla mia schiena."vivre naif".
Me la sono infilata, nel silenzio del vuoto. Mi manca il tuo sguardo, mi manca il tuo commento.
La testa mi scoppia. Il cuore mi scoppia.

venerdì 12 settembre 2014

Vivre naif

Ho freddo. Non ostante la doccia bollente ho freddo.
Tiro fuori la vecchia felpa blu. Tutte le volte che me la mettevo mi dicevi che ti piaceva e leggevi ad alta voce la scritta sulla mia schiena."vivre naif".
Me la sono infilata, nel silenzio del vuoto. Mi manca il tuo sguardo, mi manca il tuo commento.
La testa mi scoppia. Il cuore mi scoppia.

sabato 6 settembre 2014

La vita in un attimo

Ho dovuto aprire cartelle che sarebbe stato meglio lasciare chiuse.
Ho dovuto.
Il modulo di ingresso compilato e firmato da te esattamente sei giorni prima di morire.
Una ricevuta di un ristorante dove eravamo stati esattamente un mese prima che tu morissi. Eravamo felici quella sera.
I tuoi certificati di morte in tutte le lingue. I documenti del consolato. Il riepilogo degli ultimi anni... Appunti, tuoi scritti, la tua inconfondibile calligrafia. 
Sto male.  Sto male. Sto male
Vorrei solo che anche il mio cuore cedesse in uno schianto. Pochi secondi ed essere di nuovo tra le tue braccia. Adesso.

il lutto negli occhi

Stavo cercando altro, e mi sono imbattuta in una tua foto.
Eri triste. Di una tristezza senza fondo, una tristezza che sapevi che nessuno poteva comprendere.
Era notte , eri a San T.
Avevi la stessa espressione che adesso mi appartiene.
Ho guardato la data e ho capito: 21 ottobre, il giorno in cui era morto tuo fratello.
Probabilmente in quelle stradine in salita stavi cercando il tempo in cui  eri stato felice, in cui la vita era ancora una promessa, e la morte non ti aveva ancora sfiorato.

venerdì 5 settembre 2014

Amor mio, amorcito

Perché si suicidò Emma Bovary?
Per amore?
sbagliato, per i debiti.

Perché ci si suicida?
Per scappare da un malessere tanto grande da essere diventato insopportabile ingestibile.
Un malessere  che si è insinuato dappertutto, che avviluppa come il petrolio i gabbiani.

Chi non è mai stato avviluppato da quel grasso appiccicoso che ti fa desiderare solo di non esistere più, non può capire.

Desidero tanto un abbraccio. Quell'abbraccio accogliente, protettivo, morbido e forte che solo tu mi avevi dato.
Quanto vorrei essere di nuovo abbracciata.
Entro in casa e di te ho solo la foto ad accogliermi. Solo quella.
Quanto vorrei essere stretta di nuovo. Non una volta, ma cento , mille e mille volte....

Le tue braccia sono cenere in un'urna.