Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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lunedì 28 gennaio 2013

calendario nero

Ci sono delle date nel calendario che si tingono di nero, di mancanze, di dolori:
Ieri 27 gennaio avrei fatto una torta, avremmo festeggiato il compleanno di mia mamma. Il suo compleanno coincideva per me con l’inizio della rinascita della natura, l’albero di mimosa davanti alla finestra era fiorito, iniziavo a potare le rose. Ora niente rinasce. Ora ho la morte dentro di me.

Il 23 settembre mia mamma morì all’improvviso, quando arrivammo a Pisa pioveva a dirotto, era in camera, stesa sul letto. C’era solo il suo corpo.

Il 20 novembre, una mattina buia, piovosa. Il mio primo incontro con la morte, ce l’ho stampato come un film nel cervello e nell’anima. Avevo 15 anni. Era morto mio babbo, a noi era stata nascosta la gravità del male. Quell’umido, quel buio mi entrarono dentro.

Il 29 febbraio, una data che neppure esiste sul calendario, la mia vita è precipitata nell’abisso del dolore, la mia vita è stata spezzata. A 13.000 km di distanza, all’improvviso Pablo è morto. Lo avevo visto per l’ultima volta sei giorni prima, all’aeroporto, un arrivederci frettoloso, uno dei suoi mille viaggi. Se ne è andato per sempre lasciando tutto in sospeso, come se dovesse tornare da un momento all’altro. Il 29 febbraio. C’era un sole estivo accecante, quando sono entrata nella camera ardente.

Il 23 ottobre, il suo compleanno e anche la morte di suo fratello. Mi rimangono solo le foto dei suoi compleanni, anche di quelli trascorsi in ospedale. Mi rimane tanta rabbia: morire a 48 anni, morire a soli 48 anni.

domenica 27 gennaio 2013

Franco

E' morto anche Franco. L'ultimo dei signori. Aveva modi eleganti, gentili ed educati, cosa rara oggi.
E' morto dopo un anno di agonia, paralizzato e cosciente.
Abbiamo scoperto oggi,  dopo 11 mesi che Pablo lo aveva visto, era andato a trovarlo il giorno prima di morire. Pablo aveva fatto in tempo a vedere in che stato era il suo amico. Che tristezza.
Chissà se a Franco hanno detto che Pablo era morto. Spero di sì. Spero che non abbia mai dovuto pensare che Pablo si era dimenticato di lui, perché Pablo non si sarebbe mai dimenticato di un amico in quelle condizioni.
Un altro pezzo della vita di Pablo che se ne va.
Riposa finalmente in pace, Franco.

Paralizzata

Mai avrei pensato che un lutto, questo lutto, potesse essere così devastante.
Sono annullata.
Sono immobile.
Sono ferma a quel 29 febbraio.
Ho sempre meno risorse, meno energia.
Non ho più voglia di niente. Tutto mi spaventa, tutto è peggio di una montagna da scalare senza scarpe.
L'unica cosa che sono riuscita a fare oggi, oltre che a lavarmi e vestirmi ( che è già uno sforzo enorme per me adesso), è stata di andare al cimitero vicino a casa.
Pablo non è sepolto lì, è a centinaia di km di distanza. Questo è solo un surrogato. Un surrogato che mi fa sentire ancora più sola: non ho neppure una tomba davanti alla quale piangere.
Sto scivolando sempre più giù.

A. M.







D. A. D.




sabato 26 gennaio 2013

Invisibile

Sento solo dolore, angoscia disperazione, non c' niente altro oltre a questo.
E tutti fingono di non vederlo, di non vedermi.

giovedì 24 gennaio 2013

Contratture

Ho le spalle e il collo perennemente contratti dal 29 febbraio.
Da quel giorno mi sento il peso del mondo sulle spalle, mi sento schiacciata.
Mi è passata sopra una schiacciasassi e non se ne è più andata via.

Lutto, istruzioni per l'uso. - 3 -

Cosa potete fare realmente per aiutare in qualche maniera una vostra amica colpita da un lutto?
La prima risposta che sgorga spontanea è NULLA.
L'unica cosa che lei vuole nessuna gliela puotrà mai ridare.

In realttà ci sono tante piccole cose, tanti piccoli gesti.
Piccole. A volte non sono mica poi così piccole!
Vestiti.
I vestiti sono sicuramente un problema.
Qualcuno asserirà che bisogna sbarazzarsene immediatamente. Altri vi diranno l'esatto contrario.
E' una cosa molto soggettiva. Non forzatela se vedete che su questo è rigida, intransigente.
Viene spontaneo dire, soprattutto se fa freddo, che quegli abiti adesso inutilizzati potrebbero rendere felice un altro essere umano.
E' vero, è innegabile. Ma in certi casi quegli abiti sono un sottile, doloroso legame con chi non c'è più.
Accarezzarli illudendosi che non siano vuoti.
Le illusioni a volte aiutano a respirare.
Non forzatela, rispettatela. Verrà il momento in cui sarà lei a decidere di regalarli.

Se invece vedete che vorrebbe aiutare un altro essere umano, ma che non ha la forza di tirarli fuori dall'armadio mettetevi al suo fianco, siate le sue mani .
Tirate fuori dai cassetti e riponete tutto ordinatamente in scatoloni o in robuste buste di carta.
Non usate i sacchi neri della spazzatura, per voi sarebbe comodo, ma sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti di lei, a anche verso chi riceverà quegli abiti trattati come .... immondizia.

Piegateli con cura, lei li piegherebbe con amore, fate tutto con calma, non mostratele impazienza, lei in quel momento rivede le occasioni in cui quegli abiti erano stati indossati. E' un turbinio di ricordi dolci e amari.
Se vedete che esita su un maglione, su una camicia, può darsi che a quel maglione o a quella camicia sia legato un ricordo particolare, allora proponetele di metterlo momentaneamente da parte, sarà poi  lei stessa, una volta finita l'ondata di emozioni, a rimetterlo in gioco.

A chi consegnare i vestiti e le scarpe? Occupatevene voi, sempre che lei  non abbia già  in mente un destinatario. Non metteteli nei cassonetti gialli che sono per strada, troppo spesso vengono svuotati da zingari che poi lasciano quasi tutto a terra, nello sporco, rendendoli uguali a immondizia.
Consegnateli personalmente a un centro che li dia direttamente a chi ne ha bisogno, per esempio l'Opera San Francesco. I vestiti devono essere in buono stato (no strappi, rotture) e puliti. Le scarpe mettetele a coppie in sacchetti. Pensate sempre che potreste essere voi a doverli indossare.

Tutta questa cura vi pare esagerata? Voi di solito i vostri abiti smessi li gettate appallottolate dentro i bidoni gialli? Questi non sono semplicemente abiti usati, sono molto di più.

domenica 20 gennaio 2013

Floriano

Un anno fa moriva Floriano.
Tu corresti dalla sua vedova. Eri stravolto per quella morte.
Ti ricordo seduto nel tuo studio, con la foto ricordo di Floriano in mano. Ricordo come la guardavi.
Quanto male ti aveva fatto quella morte. Quanto dolore, incredulità.
Era come se fosse l'annuncio della tua morte, e ancora non lo sapevi. Non lo sapevamo.

Dio si è preso beffa di te.

Avevi sognato quel viaggio per tutta la vita.
Lo avevi desiderato con tutte le tue forze, e prima che diventasse troppo tardi avevi deciso di intraprenderlo.
Ti saresti imbarcato a metà marzo, e dopo un mese ti avrei riabbracciato.
Lo desideravi fin dalla prima volta che avevi messo piede sull'Eugenio. Eri un bambino di pochi anni.
Non c'era più l'Eugenio, era in India a morire lentamente, oscenamente dipinta di rosso, come una vecchia baldracca imbellettata.
Ti saresti dovuto accontentare di uno di questi grattacieli gallegianti, pronti a ribaltarsi con un po' di mare.
Ma il tuo sogno si sarebbe realizzato. Finalmente avresti potuto idealmente riportare la tua famiglia in Italia, tuo padre idealmente avrebbe fatto finalmente il suo viaggio di ritorno a casa.
Ma su quella nave Dio, un Dio perfido, non ti ha neppure fatto mettere piede.
Sei morto il 29 febbraio, pochi giorni prima di salire sulla tua nave . Di entrare nella tua cabina.
Sono tanto arrabbiata per questo.
Sono tanto arrabbiata perché eri finalmente vicino a coronare il tuo sogno, il sogno che avevi da una vita.
E' stata una beffa. Dio si è malvagiamente beffato del tuo desiderio.
E io non ero neppure al tuo fianco per tenerti la testa, per farti coraggio, per dirti che non eri solo, di non aver paura, che ci saremmo riabbracciati presto, di là.

sabato 19 gennaio 2013

A che scopo?

Apro gli occhi, purtroppo il sonno è finito,
Fisso i libri, il soffitto, gli scatoloni impilati.
Non ho voglia di alzarmi, non mi aspetta nulla.
Non ho voglia di vivere questa vita.
G. Mi ha risposto che il desiderio di morire se ne è andato pensando a quanto suo figlio fosse attaccato a quel filo di vita che gli rimaneva.
Anche Pablo voleva vivere, faceva di tutto per vivere. Vivere, curarsi per vivere era negli ultimi mesi la sua principale occupazione e preoccupazione. 
Tenace, scrupoloso, i medici gli dicevano che non avevano mai avuto un paziente ligio come lui.
Pablo era unico. Pablo era mio. Pablo è morto
Forse ci si attacca a questa vita quando si sa che la propria vita è molto più a rischio del normale?
Io non so più come fare a vivere.
Mi aggrappo a quella domanda che mi è arrivata: " perché parli di anni?". Il tono era pacato,calmo, quasi sornione. Ci spero tanto.
Magari sarà stanotte. Magari.

lunedì 14 gennaio 2013

Lutto, istruzioni per l'uso. -2-

Siateci

Non è indispensabile esserci fisicamente, non è indispensabile piantarsi in casa.
Si può essere molto efficaci con una telefonata al momento giusto, o anche con una mail.
"ti penso tanto, ma non trovo mai il momento giusto per chiamarti" è la frase più idiota da dire e da ascoltare.
Se la pensi dimostraglielo, telefonata, email o anche uno scarno e asciutto sms se avete finito il credito del telefono.
Qualsiasi mezzo per farle sapere, in quel momento, che non è così terribilmente sola.
Il momento peggiore è quello in cui si chiude la porta di casa la sera.
Si chiude fuori il mondo, viene sbattuta, urlata in faccia l'assenza. Il dolore morde forte.

venerdì 11 gennaio 2013

Lutto, istruzioni per l'uso. -1-

Post dedicato a chi vuole dare una mano, vuole essere veramente di aiuto a una persona cara colpita dl lutto per la perdita del compagno/a.

Se volete davvero essere d'aiuto a una persona che soffre per un lutto allora scegliete di starle vicino.
Specialmente se, come nel mio caso, ha perso il compagno.
Dopo il funerale la maggior parte della gente si sarà dileguata.
Qualche rarissima visita imbarazzata di cortesia, e poi spariranno tutti.
Se volete darle una mano statele vicino, non abbandonatela. E' fragile, è spersa, soffre, è arrabbiata.
E se non vive con nessuno, se non ci sono figli o genitori che già da prima vivessero in casa con lei, si sentirà terribilmente sola.
E' vero, ci saranno tanti momenti in cui avrà bisogno di stare sola, per poter piangere, gridare disperarsi. Di solito questo avviene nel bozzolo dell'abitacolo di una macchina, che qualcuno ha detto essere come una camera di decompressione.
Ci saranno momenti in cui vorrà stare sola per fare finta che tutto sia "normale" che lui sia semplicemente in viaggio o nella stanza accanto. Ma questi momenti saranno brevi, non si riesce a fingere a lungo.

Il più delle volte vi dirà di non preoccuparvi per lei. Lo dirà perché non vuole essere di peso a nessuno, perché sa che è solo la sua vita ad essersi fermata, è conscia del fatto che la vita degli altri vada avanti, lei stessa vuole che la vita degli altri proceda normalmente, senza tutti gli scossoni che ha subito la sua vita.
Preoccupatevi allora per lei, ma non siate assillanti, siate discreti.

Alzate le antenne, guardate il calendario e l'orologio e regolatevi. Poi vi spiegherò il perché.
Alzate le antenne e cercate di capire quali sono i momenti peggiori. Ce ne sono tanti di momenti peggiori di altri.
Ce ne sono tanti in cui una mano tesa può davvero salvare la vita.
Non soffocatela di attenzioni, non è quello che serve.
Non soffocatela di domande, non è di domande che ha bisogno, ne ha già tante dentro di sé.
Non soffocatela di indicazioni, la sua mente è già fin troppo confusa.
Semplicemente ascoltatela.
Ascoltatela parlare di lui. Guardate insieme a lei le foto di lui. Condividete i ricordi.
Fatele capire che anche a voi fa piacere vedere quelle foto, ascoltare quei ricordi.
Basta davvero poco, anche solo una mail, una telefonata, ma dimostrate di esserci.
Siateci.

Tic toc, tic toc

Piano piano, mellifluo, viscido, insidioso il week end, il fine settimana si avvicina. L'ansia inizia a fare capolino.
Complice una mail dal Linkedin di Pablo. Un suo ex-collega, che ha saputo solo adesso della morte di Pablo,  mi manda le sue condoglianze.
Complice l'ennesimo chiudersi di porte proveniente dalla burocrazie.
Adesso devo iniziare a farmi scivolare i minuti sulla pelle. Non scivoleranno rapidi come l'acqua sul dorso del germano, scivoleranno lenti, corrosivi come l'acido muriatico sull'arenaria.

Come osate dirmi che non devo desiderare la morte, che vevo vivere?
Come osate obbligarmi a sopportare tutto questo.

Non ho altra soluzione. Non c'è più porto tranquillo per me in questa vita.
L'unica via di scampo a tutto questo dolore, a questo mio cuore gelato è la morte.

martedì 8 gennaio 2013

Vorrei poter sognare

Vorrei tanto poter sognare.
Almeno durante il sonno perdermi e ritrovare quella che ero, quello che eri, che sei.
Vorrei poter sognare noi,
Vorrei vivere nell'eternità dell'attimo quella gioia che ho perso.
Nel sogno vorrei ritrovare i tuoi occhi azzurri, le tue mani, i tuoi capelli, il tuo odore.
Nel sogno vorrei sentire che mi stringi ancora, come mi stringevi.
Vorrei riascoltare le stupidate che mi dicevi.
Nel sogno vorrei vivere rivivendo.
Fuori dal sogno ho solo lacrime.

lunedì 7 gennaio 2013

Lasciatemi morire. Adesso.

Sono ripiombata nella mia quotidianità fatta di vuoto, di assenza.
Una quotidianità che riesco a sopportare mentre sono in ufficio. Sono quasi sempre l'ultima  ad andare via, me ne vado quando ormai è notte e sta per essere inserito l'allarme. Almeno lì l'angoscia la sento meno pesante, anche se rimango sola.
Ma qui a casa è insopportabile. Diventa sempre più insopportabile.
La prospettiva di avere davanti a me anni fatti di giornate come queste, in cui neppure mangio, neppure mi alzo dal letto, questa prospettiva è angosciante.
Sono chiusa in casa da tre giorni, con l'influenza non posso andare in ufficio. Mai nella mia vita precedente avrei pensato di rimpiangere lo stare a casa.
Ma nulla è più come prima. E' come se fossi stata schiacciata. Non posso rialzarmi, non ho la forza fisica e psichica per farlo.
Non ce la faccio più.
Lasciatemi morire. Adesso.