Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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mercoledì 26 dicembre 2012

Sono stanca

A volte ho la liberatoria sensazione che la mia morte non sia poi tanto lontana.
Sensazione, non desiderio.
A volte è come se da di là mi arrivassero dei  messaggi concisi, quasi secchi.
Non è nulla che scaturisca da me.
Come se facessero delle prove, come se stessero preparando qualcosa.
Sono stanca, tanto stanca.
Non ho più voglia di niente.
Mi dispiace per chi sarà addolorato dalla mia scomparsa, ma per me sarà una liberazione.
Non credo che possano capire il sentimento che provo.
Qui ogni ora trascorsa è priva di senso, è colma di angoscia.
Ogni ora è solo l'attesa di smettere di respirare.

martedì 25 dicembre 2012

Vorrei essere lì





È Natale

Ho retto, più o meno, durante la messa di mezzanotte. Ma quando sono uscita mi sono rifugiata in macchina a piangere, a gridare.
Ho retto durante la giornata, con le bambine appoggiate addosso a giocare.
L'unica che mi ha parlato di Pablo è stata Chiara, 5 anni. All'improvviso "mi manca lo zio Pablo".
 Sapessi quanto manca a me!
Ma ho retto. Abbiamo guardato insieme i brevi filmati dello scorso Natale, in alcuni c'era Pablo.
Quando è arrivato sul suo cellulare un messaggio di auguri per lui sono iniziata a crollare.
"Pablo, non c'è più"
"Lo so, ma mi piace pensare di potergli ancora fare gli auguri"
"Non sei il solo"
Forse si era solo sbagliato e aveva cercato di rimediare a un invio circolare. 
Forse era vero.
Ma io son dovuta scappare a piangere, a gridare in macchina.
Sono parcheggiata al buio, dove posso gridare, chiusa dentro, senza che dalle case mi sentano. Parcheggiata davanti alla ferrovia. Voglio morire, non voglio più vivere con tutto questo dolore.
Scrivo come valvola di sfogo. Ma serve sempre meno.
Il dolore mi rode il cuore.
Voglio smettere di esistere. 
Prego Dio che mandi Pablo a prendermi per accompagnarmi nella nostra casa.

domenica 23 dicembre 2012

da un suo vecchio amico

"...ti auguro tutto il bene del mondo e anche che non soffra tanto, ricorda lui con le sue facce le sue tonte barzellette, le sue cavolate e ringrazia Dio per averlo incontrato in questa vita, siamo in tanti ad averlo come amico e ne siamo fieri. Un bacio grande e un forte abbraccio."
Sì , è vero, rigrazio Dio per averlo avuto accanto per 12 anni, ma sono pochi 12 anni, non mi bastano 12 anni.
Io non chiedevo tanto, sapevo che la sua aspettativa di vita era inferiore alla mia, ma almeno altri 10 anni con lui speravo di averli.
Non è giusto, non è giusto farlo morire a soli 48 anni con un calvario  di sofferenza sulle spalle.
Non è giusto. Sono tanto arrabbiata, addolorata, disperata.

Le loro cose.

Mi son rimaste solo le cose, le cose delle persone. Non ci sono più le persone accanto a me,  ci sono solo le loro cose.
Quando morì mamma sentii per la prima volta questo terribile peso, il peso di essere depositaria delle loro cose.
Per me è un peso enorme sulle spalle, esserne la custode.
Quando morì mamma avrei voluto essere un'indiana, una pellerossa di altri tempi, quando le uniche cose che la gente possedeva erano una coperta e un tepee.
Ho dovuto aprire due cassetti nello studio di Pablo, stavo cercando il mate che avevamo comprato in Argentina.
Ho dovuto smettere immediatamente, ho sentito salire da dentro quella sensazione angosciante che impedisce di respirare.
Non ce la faccio. E' inutile che diciate il contrario, io non ce la faccio non sono più fatta di acciaio.
 E Pablo prima di me ne era stato schiacciato. I ricordi dei suoi nonni, di sua Mamma, di suo Babbo, dei suoi fratelli. Mi ricordo quando in Argentina gli dissi di buttate il pupazzino che era del compleanno di Mario Luis. Adesso capisco cosa provava. Sto male anche per lui.

antivigilia di Natale

Se fossi un cane girerei in tondo per scavarmi il giaciglio, girerei in tondo fino ad arrivare al centro della terra.
 

sabato 22 dicembre 2012

Altra stranezza


Altra stranezza capitata proprio ieri sera, dopo ore passate a piangere, a stare male e a disperarmi.
I-pad, sfoglio rapidamente le foto, cerco una foto dei bimbi.
Mi viene un colpo: in mezzo alle foto c'è un immagine natalizia, una cosa umoristica, da bambini, scaricata tramite un app.
Devo per forza averla scaricata io, l'i-pad è sempre con me, nessuno lo tocca, nessuno lo può toccare.
La didascalia dice "Buon Natale, auguri C..." (il nomignolo con cui mi chiamava solo lui).
Lo devo per forza aver scritto io, ma non me lo ricordo affatto.

Morta la moglie di Febo Conti

Ho appena letto che la moglie di Febo Conti è morta 4 giorni dopo di lui.
Beata lei!

venerdì 21 dicembre 2012

Leggo di bambini morti

Leggo di bambini morti, leggo di persone che desiderano vivere stroncate invce nel fiore degli anni.
E io che desidero morire di un colpo invece sono sempe qui.
Ho troppa aspettativa di vita davanti a me. Soffoco all'idea di dover vivere con tutto questo dolore.
Pablo mi manca, mi manca al mio fianco, mi manca la nostra vita insieme.
Mi manca potermi confrontare con lui.
Mi manca non avere più le sue risposte alle mie domande, non avere più i suoi racconti, non sentire più la sua solida forza a cui potermi appoggiare, anche se poi solo raramente mi appoggiavo.
Mi mancano le sue battutine stupide.
Mi manca il calore delle sue mani sulle mie spalle.
Perché Dio me lo ha voluto rubare così presto?

il mio natale

Questo è il mio presepe
Questo è il mio albero di natale
Questa è la mia gioia per il natale
Questa tomba è il mio Natale.

domenica 16 dicembre 2012

Rewind, per favore rewind.

E' morto.  E all'improvviso le sue cose, quelle che erano lui, sono rimaste come fantocci inanimati, marionette vuote accasciate sul palco, senza più anima.
Le ho dovute raccogliere io. Me ne prendo cura io al suo posto.
Ma tutto questo ha un prezzo molto salato. Un prezzo che pago, per mia libera scelta, sulla mia pella.
Le sue caselle di posta, il suo cellulare, il suo Facebook...
Non sono lui, ovviamente.
Non mi sostituisco a lui.
Ma non ho chiuso nulla, non ho cancellato nulla.
Rileggo le sue vecchie mail, sento la sua voce che dice quelle cose. Ritorno per pochi attimi indietro nel tempo. A quel capodanno passato in ospedale, a quel natale pieno di fibrillazioni, agli innumerevoli ricoveri, alla sua preoccupazione per Floriano, al suo dolore per la morte di Floriano.
Lui vedeva in Floriano quello che poteva essere il suo destino. Era tremendo, molto peggio di come lo percepivo allora. Pablo non me ne parlava per non preoccuparmi, ma anche perché non sopportava che gli si facesse coraggio.
Vorrei il tasto REWIND. Lo vorrei, mantenendo però la comprensione che ho adesso, lo vorrei per poter star più vicino a Pablo, per dargli di più di quello che gli ho dato, per partire insieme con lui nel suo ultimo viaggio, per non lasciarlo solo mentre muore, per stringerlo a me mentre muore, per dirgli che non è solo, di non aver paura. Per dargli l'ultimo bacio, per ricevere l'ultimo bacio.
E magari morire con lui.
Perché il mio cuore non cede di schianto?

Cos'è la morte?

Cos'è la morte?
E' l'abbraccio caldo di Pablo che viene a prendermi.
Viene a prendermi per portarmi finalmente a casa.

sabato 15 dicembre 2012

io

Parole lanciate nel vuoto.
Parole che non vengono accolte.

Non ho più.

Sto molto male. Sono scappata fuori di casa e son tornata il più tardi possibile, ma serve a poco.
Il dolore che mi torce l'anima io ce l'ho dentro. Lo porto sempre con me.
E' un dolore che gli altri, quelli normali,  non capiscono, non possono capire.
Così come non possono capire la mia preghiera di morire adesso. Il mio desiderio di morire adesso.
Quelli normali, quelli che non hanno subito un lutto di questa portata non lo possono capire.
Mi è stata strappata la carne, sono stata squartata, mi è stata portata via una parte di me. Per questo non posso più vivere.
Per questo non voglio più vivere.
Non ho più con chi condividere le emozioni, i pensieri.
Non ho più con chi parlare, confrontarmi.
Non ho più di chi prendermi cura.
Non ho più chi si prendeva cura di me.
Non ho più il mio amore.
Non ho più chi mi ama.
Non ho più per chi cucinare.
Non ho più per chi esistere.
Non c'è più.

Vuoto

Ho le mani gelate e tremanti, il cuore si è fatto piccolo, mi manca il fiato.
Ho aperto i suoi cassetti, ho affondato le mani nella sua biancheria, l'ho annusata alla ricerca del suo odore.
Ho accarezzato le sue magliette, come una volta accarezzavo lui. Ma erano vuote. Involucro senza più calore. Contenitore senza contenuto.
Ho girato di stanza in stanza alla ricerca di qualche brandello di lui.
Ma son qui da sola. Mi ha lasciato sola.
Non ce la faccio più. Sto soffocando. Sono stremata.
Non posso, non voglio più affrontare nulla. Nulla.

venerdì 14 dicembre 2012

Verso Natale

Ogni giorno il passo si fa più pesante, del giorno precedente, a rallentare l'arrivo.
Ogni giorno che passa l'aria è sempre più rarefatta, a rendere faticoso e insufficiente il respiro.
Ogni giorno che passa il cielo si fa più buio, per non vedere dove si sta andando.
Ogni giorno che passa il cervello si arrotola su sè stesso, il cuore si raggrinzisce, la pelle si screpola, gli occhi si annebbiano.
Vedo l'attesa festosa del Natale intorno a me, e la rifuggo.

giovedì 13 dicembre 2012

Cristalli in frantumi

E' tutto molto precario. A volte mi sembra di essere un bicchiere appoggiato in bilico: basta niente per alterare lo stato di quiete e far precipitare tutto, il bicchiere si sbriciola sul pavimento.

Ieri mi è arrivata una mail di una amica con un filmato carino




Mi ha fatto sorridere, anche perché mi sarebbe sempre piaciuto avere un cane, fin da bambina. E adesso mi farebbe ancora più piacere.
Nell'istante in cui il filmato è finito ho avuto un riflesso automatico, quello che ho sempre avuto quando c'era qualcosa di carino o di interessante "Lo mando a Pablo, sicuramente gli piacerà", avevo ancora il sorriso sulle labbra in quell'istante..
E' durato un attimo, ma basta un attimo a fregarti.
Sono andata in frantumi, piango, urlo, mi dispero. Lo imploro, ma lui non c'è più.
Non gli posso mandare questo filmato, non posso parlargli, non posso ascoltarlo, non posso abbracciarlo, non posso sentire le sue mani sulle mie spalle, il calore del suo corpo.
Non ho più nulla, non sono più nulla.
Voglio dissolvermi.

mercoledì 12 dicembre 2012

Cambia, todo cambia

Ero tornata da pochi giorni dall'Argentina con le ceneri di Pablo nel mio bagaglio a mano.
Guidavo la sua macchina, ero molto triste, piena di dolore e di disperazione, mi sentivo sola e abbandonata senza più lui al mio fianco.
All'improvviso, senza che io avessi fatto nulla, partì questa canzone.
Il CD lo aveva lasciato Pablo nell'autoradio, ricordo bene quel viaggio durante il quale l'obbligai a tradurmi le canzoni parola per parola.



E poi venitemi a dire che dopo non c'è più nulla!

...Cuando miro el fondo de tus ojos claros...



Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me dió dos luceros, que cuando los abro
Perfecto distingo, lo negro del blanco
Y en el alto cielo, su fondo estrellado
Y en las multitudes, el hombre que yo amo

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado el oído, que en todo su ancho
Graba noche y día, grillos y canarios
Martillos, turbinas, ladridos, chubascos
Y la voz tan tierna, de mi bien amado

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado el sonido, y el abecedario
Con el las palabras, que pienso y declaro
Madre, amigo, hermano y luz alumbrando
La ruta del alma del que estoy amando

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado la marcha, de mis pies cansados
Con ellos anduve, ciudades y charcos
Playas y desiertos, montañas y llanos
Y la casa tuya, tu calle y tu patio

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me dió el corazón, que agita su marco
Cuando miro el fruto del cerebro humano
Cuando miro el bueno tan lejos del malo
Cuando miro el fondo de tus ojos claros

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado la risa y me ha dado el llanto
Así yo distingo dicha de quebranto
Los dos materiales que forman mi canto
Y el canto de ustedes, que es el mismo canto
Y el canto de todos, que es mi propio canto
Y el canto de ustedes, que es mi propio canto.

Grazie alla vita

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha dato due occhi e quando li apro
distinguo perfettamente il nero dal bianco
e nell'alto cielo il suo sfondo stellato,
e tra le moltitudini l'uomo che amo.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha dato l'udito che in tutta la sua ampiezza
cattura notte e giorno grilli e canarini,
martelli, turbine, latrati, burrasche
e la voce tanto tenera di colui che amo

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha dato il suono e l'abecedario
e con esso le parole che penso e pronuncio
madre, amico, fratello e la luce che rischiara
la strada dell'anima di chi sto amando.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
ha dato il passo ai miei piedi stanchi
con loro ho camminato per città e pozzanghere,
spiagge e deserti, montagne e pianure
e per la tua casa tua, la tua strada, il tuo cortile.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha dato il cuore che scuote il suo involucro
quando guardo il frutto dell'intelletto umano,
quando guardo il bene così lontano dal male,
quando guardo il fondo dei tuoi occhi chiari.

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha dato il riso e mi ha dato il pianto,
così distinguo gioia e dolore
i due materiali che formano il mio canto
e il canto degli altri che è lo stesso canto

Grazie alla vita che mi ha dato tanto.

venerdì 7 dicembre 2012

TV

Accendo la tv. Non mi interessa quello che c'è, è solo un modo per cercare di portare l'attenzione su altro dal mio dolore, dall'assenza di Pablo, dalla sua morte.
Accendo la tv, ma non ho più grande capacità di concentrazione, o per lo meno ne ho molta meno di prima e per periodi più brevi.
Cerco il rassicurante già visto. Mi soffermo sui film già visti, sulle serie dove più o meno i personaggi son sempre gli stessi.
Spesso rimango in compagnia della famiglia Robinson. Una serie degli anni 80. Gli anni in cui avevo la vita davanti, in cui io ero la gioia di vivere fatta persona. Anni in cui avevo tanta energia, tanta voglia di costruire, di esplorare, di scoprire.
Una serie che parla di una famiglia, a me che son rimasta sola. Forse è quello il principale motivo per cui la guardo. La mia famiglia era Pablo, eravamo io e Pablo. Non è rimasto più niente. Non perché io sia niente, ma perché per essere una famiglia bisogna essere almeno in due. E io sono sola.

Accendo la tv e trovo un film carino, uno di quelli dei buoni sentimenti.Un film che ti lascia con il sorriso sulle labbra.
Un film corale che sembra parlare della vita di tutti i giorni, dove le vite dei vari personaggi, apparentemente slegati tra di loro, si intrecciano man mano che passa il tempo, fino ad arrivare al finale che li riunisce tutti.
Ambientato nel periodo natalizio. Attuale, quindi.
Love actually - l'amore adesso.
Avevo il sorriso sulle labbra, fino alla scena mosaico finale in cui ciascuno ha una persona da amare in modo speciale, in cui ciascuno è riamato in modo speciale da una persona speciale. In cui ciascuno riceve e dà un bacio, una carezza al soggetto del proprio amore.
Lì sono precipitata nel gorgo doloroso dell'evidenza dell'assenza di Pablo.
Non mi abbraccerà più. Non lo potrò abbracciare più.

alla fiera.

Stasera, uscendo dall'ufficio sono andata in fiera.
Con Pablo ci andavamo tutti gli anni. Lui si divertiva ad assaggiare tutto l'assaggiabile, specialmente salumi, e si divertiva anche anche a comprare le cose da mangiare.
Stavolta ci sono dovuta andare da sola.
Ho cercato di ricordare la strada che faceva lui, ho ripercorso i suoi passi.
Ed è arrivato un altro segnale.
Con tutto il posto che c'era, con tutte le porte di ingresso che ci sono, io sono entrata da una porta davanti alla quale c'era il padiglione dell'Argentina.
Povero Pablo, sta cercando di fare tutto il possibile per dirmi che non mi ha lasciata sola.
Ma è solo un'illusione, perché io, nella dimensione in cui mi trovo sono innegabilmente, irrimediabilmente sola.
Lui è di là e io sono qua. Ancora qua.

giovedì 6 dicembre 2012

Altra "coincidenza"

Poche ore prima del mio compleanno ho aperto un armadio che apro sempre, ma contrariamente a sempre, e apparentemente senza motivo ho incominciato a vuotare un ripiano.
Mi è venuto in mano il portachiavi con la papera che Pablo mi aveva regalato qualche anno fa e che non ricordavo di aver messo lì.
Strana coincidenza temporale: un regalo che mi aveva fatto per il mio compleanno.

Tenerlo tra le mani mi ha procurato nostalgia per qualcosa che non potrò più avere, ma anche tanta tenerezza per quel gesto di Pablo, il logo del mio biglietto da visita riportato su quel portachiavi. Non un qualcosa di acquistato al volo, ma qualcosa di pensato apposta per me.
Non tutti nella loro vita avranno qualcuno come io ho avuto Pablo.
Ho avuto fortuna, ma è durato terribilmente poco.

da Pablo

Il 4 era il mio compleanno.
Pablo ha sempre tenuto a farmi un regalo per il mio compleanno, anche quando era a corto di idee arrivava con qualcosa di pensato apposta per me.
I suoi non erano mai i regali comprati al volo tanto per darmi qualcosa. Potevano essere semplici, ma mai casuali.
Una volta fece incidere il logo della papera su un portachiavi, lo aveva preso dal biglietto da visita che JP aveva creato per NonnaPapera..
E anche quest'anno è riuscito a farmi avere il suo regalo.
Pablo non poteva più usare il suo corpo per darmelo, non ha mani, non ha portafoglio, non ha voce. Non può entrare in un negozio, non può comprarmi nulla. Non può incartare nulla.
Ma può fare in modo che altri lo facciano al suo posto, diventino momentaneamente il suo tramite.
Ha usato P.
P. tutti i giorni parcheggiava di fronte a una determinata porta, entrava subito nel locale, prendeva quello che doveva prendere e usciva immediatamente.
Il 4 P. ha parcheggiato di fronte ad un'altra porta, lontana dal locale, ha percorso un corridoio del centro commerciale dove ha visto un banchetto che vendeva penne e che le incideva.
Ha deciso di comprare una penna per me e quando la signora le ha chiesto il nome, non ha esitato: "Scriva "da Pablo", deve scrivere "da Pablo".".
Mi ha poi detto che non sa neppure lei come le sia venuta fuori quell'idea abbastanza fuori luogo, ma mi ha detto che in quel momento era più che convinta della sua richiesta, e che è stata molto insistente nei confronti della signora che eseguiva l'incisione.
Non appena si è allontanata ha incominciato a essere perplessa: perché non aveva fatto incidere il mio nome?
Era molto perplessa anche mentre mi consegnava il pacchetto, cercava di spiegarmi quello che neppure lei poteva sapere.
Ma io come l'ho vista ho capito subito che P. era stata "usata" da Pablo per farmi avere il suo regalo per il mio compleanno.
E quella sera, rientrando a casa, ho trovato la luce accesa nello studio di Pablo. Come quando tornavo dal lavoro e lui era a casa ad aspettarmi.
Perché Pablo non può più avere il suo corpo? perché l'ha dovuto abbandonare?
Perché non può più stringermi, abbracciarmi?
Perché mi ha lasciata qui da sola?

martedì 4 dicembre 2012

Odore= prepotente ricordo

Gli odori sono potenti evocatori. Più di un immagine, più di un suono, più di una sensazione tattile.
L'odore arriva diritto al cervello, l'odore perfora il cuore.
L'odore arriva senza elaborazioni, non ha filtri.
Di fronte alla prepotenza dell'odore non abbiamo difese, non possiamo erigere artate barriere.
L'odore ci arriva dentro con il suo potere evocativo con la sua forza dirompente.

Stasera ho aperto una scatola. Si è sprigionato un profumo.

Quel profumo mi ha fatto tornare a quei piacevoli momenti di tenerezza, quel profumo è Pablo che si prende cura di me. Quel profumo sono quei piccoli momenti di sollievo, di calore, di benessere.
Momenti che non avrò più.
Quel profumo è Pablo e me.

Voglio tornare a uno di quei momenti e voglio rimanere ferma lì per sempre.

lunedì 3 dicembre 2012

Mi manca. Mi manca. Mi manca.

Tra pochi minuti è il mio compleanno.
Pablo avrebbe guardato l'orologio, pronto a farmi gli auguri allo scoccare della mezzanotte, come è usanza in Argentina. Voleva essere il primo a farmi gli auguri, quando stava male si torturava per stare sveglio e attendere la mezzanotte.
Mi manca. Mi manca. Mi manca.
Mi manca tanto. Mi manca il suo affetto, il suo amore. Mi manca il suo spirito, la sua allegria e mi manca anche la sua malinconia.
Non sapeva ballare il tango, ma ne aveva dentro lo spirito, lo aveva respirato nell'aria. A volte lo prendevo un po' in giro per quel lato "tttangoooo" :« Il tango è un pensiero triste che si balla. (Enrique Santos Discépolo»
Anni fa gli avevo proposto di andare a scuola di tango, ma non ne avevamo il tempo. Quando avremmo avuto il tempo lui non ha più avuto la salute.
Mi manca. Mi manca. Mi manca.
Mi si accavallano l'uno sull'altro i miei compleanni con lui.
Troppo vivo è il ricordo del 4 dicembre dell'anno scorso, la gioia negli occhi di Pablo mentre scartavo il suo regalo, il divertimento nel vedere la mia reazione, la sua tenerezza di fronte alla mia commozione. La sua costante e premurosa attenzione nei miei confronti, nonostante la sua malattia. Il suo esserci sempre per me.
Tutto questo non ci potrà mai più essere. Non potrò più averlo.
Mi manca. Mi manca. Mi manca.
Mi mancano i suoi azzurri, il suo sguardo sulle cose, il suo sguardo su di me.
Il mio sguardo è annebbiato dalle lacrime.

Non riesco a capire.

Ho saputo da N. che L. ha un nuovo fidanzato.
Suo marito  è morto 20 giorni prima di Pablo.
Ho davanti agli occhi l'immagine Pablo che guarda con tristezza la foto di F.
Erano diventati amici in ospedale.
La morte di F. lo aveva colpito più di tutte le altre morti.
E ce ne sono state tante, tanti cuori mai arrivati in tempo.
Ricordo il dolore di L. la sua rabbia solo pochi mesi fa.
Non riesco a capire.
E' la rabbia che fa andare avanti a vivere la vita anche per chi non c'è più?
Io non ho questa carica costruttiva. Io ho solo tanto dolore, tanto vuoto. Tanto desiderio di andarmene via per sempre.

Perché?

Oggi ho parlato con N.
Lui ha avuto un cuore nuovo. E' stato trapiantato 15 giorni dopo la morte di Pablo, nove mesi fa.
Sta bene, tra meno di un mese ritornerà al lavoro, ritornerà alla sua vita.
Sono ovviamente contenta per lui. Pablo lo incoraggiava a non arrendersi.
Ma mi chiedo perché.
Perché a lui sì e a Pablo no?
Perché?
Perché?
Perché?
Perché?
Perché?
Perché?
Perché?
Perché?
...

in viaggio


venerdì 30 novembre 2012

Cardio 2

Scivolo nella voragine dei sentimenti che è il fine settimana.
Faccio finta di non pensarci, confondo il venerdì con il giovedì.
Faccio finta di nulla, come se non guardandolo in faccia il fine settimana non potesse entrare dalla porta, con tutto il suo carico di solitudine, disperazione, dolore, apatia.
Ma la resa dei conti è inevitabile, arriva quando chiudo quella porta.
Aprendo l'armadio alla ricerca di un gilet di pile (ho freddo) mi vengono tra le mani tre magliette nuove, mai messe. Gliele avevo comprate per l'ospedale, infatti sono ancora piegate e insacchettate, pronte per il prossimo ricovero.
Prossimo.
Non ci saranno più ricoveri per Pablo, quelle magliette non le indosserà mai più.
Così come i due pigiami abbottonati davanti, per il trapianto.
Volli io che li comprasse, lui nicchiava. Lo volli per non dover correre a cercarli nei negozi, perché potesse provarseli e sceglierli.
Non ha fatto in tempo, non è arrivato al trapianto.
E' morto.
Morto.
Non hanno fatto in tempo a chiamarlo

mercoledì 28 novembre 2012

La domanda mai posta

mentre sono seduta su quelle scomode seggioline da scuola, guardo le persone sedute in cerchio accanto a me e confronto il mio lutto con il loro, il mio stare con il loro stare.
Avrei tanto bisogno di trovare una situazione analoga alla mia per potermici rapportare.
Ma chi ha perso il marito ha ancora i genitori, oppure ha i figli, oppure è parecchio più giovane di me e quindi ha aspettative ben diverse dalle mie.
La domanda che vorrei fare è "Ma voi desiderate morire tanto quanto lo desidero io? Lo avete mai desiderato davvero?"
Non la faccio perché non ho voglia di sorbirmi le lezioncine di O.
Ma è forse una delle poche cose che vorrei davvero sapere.
Non la faccio perché forse dentro di me conosco già la risposta: nessuno di loro è davvero pronto a morire.
Vogliono vivere.
Chi ha figli da crescere.
Chi ha genitori di cui prendersi cura.
Chi ha sé stesso di cui prendersi cura.
Hanno ragione loro, ma io non ho più voglia di niente.

nuovi compagni

Ieri sera mi hanno colpito due persone, o meglio le loro situazioni.
Entrambe hanno un nuovo compagno. Sicuramente una di queste due è una nuova convivenza.
Eppure continuano a venire.
Perché?
Perché si viene a questo gruppo?
Perché si sta male per un lutto che ci ha devastato la vita.
Ma se si è riusciti a proseguire a vivere tanto da riuscire ad accettare anche solo l'idea di un nuovo compagno, di qualcuno che ha preso il posto di chi è morto, questo non vuol forse dire che si è andati oltre? non vuol forse dire che si è ripreso a vivere?
E se si è ripreso a vivere questo non vuole forse dire che si è in qualche modo richiusa la ferita?
Se la ferita è richiusa perché si sente la necessità di non lasciare il gruppo?
Me lo chiedo soprattutto per il caso della ragazza più giovane.

O forse il dolore non smette mai di essere presente?
Ma se non smette mai come si fa ad accettare la presenza di un ... usurpatore?
Ho la testa piena di domande, anche se sono realmente felice per queste due persone. Credo di essermi illuminata quado quella più giovane raccontava del nuovo compagno. Mi sono illuminata per lei, perché a 30 anni non può aver vissuto tutto quello che ho avuto invece io, ed è giusto che lo abbia. A 30 anni si ha ancora la vita davanti e non si dovrebbe venire trafitti dal lutto.

Beghe da cortile

Ieri sera al gruppo mi sono innervosita. Non sopporto più che si debba dedicare un sesto del tempo alle loro beghe personali di piccolo potere.
Credo che neppure abbiano afferrato il mio sarcasmo quando ho invitatato a mettere il vivavoce in modo che la riunione fosse condivisa.
Ho avuto voglia di alzarmi e andarmene. E forse avrei fatto bene a farlo.
Non l'ho fatto perché mi sono accorta di aspettare il martedì come una valvola di sfogo al mio malessere. Anche se poi non dico quasi nulla di quello che sento.
Probabilmente mi sento fuori posto anche lì. Anche se un po' meno che in altri contesti.
Era stato lanciato un tema intelligente "l'avvicinarsi del Natale". Ma non è stato affrontato davvero. Tutto è stato limitato a dei ricordi.
Ma i ricordi sono proprio la cosa che fa male.
Si è persa un altra occasione.
O. ha tanta buona vuolontà, ma è inadeguata al ruolo che si è scelta.
Onore al merito, alla buona volontà e all'impegno, ma le manca il carisma di guida e soffre troppo quello di G. che velatamente contesta tutte le volte che è assente. Non per l'assenza, ma per la presenza.

Ed ecco che senza accorgermene mi sono fatta invischiare nelle loro beghe da cortile. Proprio quello che non volevo. Questo post termina qui.

lunedì 26 novembre 2012

Le altre famiglie

Ci sono delle famiglie in cui la gente muore per vecchiaia.
Ci sono delle famiglie in cui la gente non vede l'ora che il marito o la moglie muoiano.
Ci sono famiglie dove i lutti scivolano addosso come acqua sul dorso di una papera.

Perché io faccio parte delle altre famiglie?

domenica 25 novembre 2012

Le sue cose

Uno degli aspetti peggiori del lutto stretto, dopo il dolore per la mancanza della persona, è il dover disporre delle sue cose. All'improvviso tutto quello che era personale intimo è alla mercé di occhi e di mani che non sono più quelli del proprietario.
Quello che era stato conservato perché aveva un valore, un significato implicito appare come un oggetto senza senso, senza senso agli occhi altrui.
Al dolore si somma il sentimento di violazione, di essere un intrusa mio malgrado.
E infatti io ancora non posso toccare le cose nello studio di Pablo. Ci sono cassetti che non ho potuto guardare, scatole che apro e poi immediatamente richiudo.
Ho dato via i vestiti in Argentina e a Mantova. Qui non ce l'ho fatta, qui è tutto come se lui dovesse ritornare da uno dei suoi lunghi viaggi al di là dell'oceano. La sua tastiera, il suo monitor sono dove erano quando è partito. Solo le sue medicine sono riuscita a regalare, borse intere piene di farmaci.
Nessuno dovrebbe provare quello che ho provato, che sto provando io. Nessuno.

Sola, triste e abbandonata

Arriva sul mio BlackBerry una notifica dal Facebook di Pablo: notizie dalle vite dei suoi amici, vite che vanno avanti, mentre quella di Pablo si è fermata per sempre.
Mi sento tanto fuori posto qui. Mi sento fuori posto in questo mondo. Non c'è più un luogo qui per me, non ho più una casa.
Oh sì, certo, la casa di mattoni c'è, quella non è crollata. È crollata la casa dell'anima, la casa del cuore. Quella casa si è sgretolata il 29 febbraio 2012.
Credo che Pablo neppure immaginasse cosa avrebbe voluto dire la sua morte per me. Non penso che immaginasse il baratro in cui mi ha fatto precipitare.
Io non ho mai temuto la mia morte, ho invece sempre temuto la morte di chi mi è caro, di chi mi stava accanto.
L'ho sempre detto "voglio morire io per prima", ma non sono stata ascoltata.
Forse non è casuale questo. Credo che Pablo sarebbe stato ancora peggio di come sto io. Lui non voleva neppure pensarmi morta. Io rimandavo al mittente lo spam cartaceo scrivendo sulle buste, accanto al mio nome, "deceduta". A me non faceva né caldo, né frdddo. Lui non poteva vedermelo scrivere.
Quanto mi manca. Quanto mi sento sola, triste e abbandonata.

sabato 24 novembre 2012

sinusoide

Sono su una sinusoide.
Adesso di nuovo non riesco a dormire.
Sono inquieta, arrabbiata, stufa e allo stesso tempo apatica.
Tocco le sue cose nell'armadio e sento stilettate all'anima.
Guardo le foto e mi sento sola.
Rileggo appunti buttati giù in fretta per la paura di poter dimenticare qualche dettaglio della nostra vita insieme, di quello che mi raccontava della sua infanzia. Sorrido perché abbiamo avuto momenti veramente belli, ma subito dopo arriva la disperazione perché di quei momenti non potrò più averne.

venerdì 23 novembre 2012

non prendiamoci in giro: non c'è più

"Devi pensar che lui c'è ancora" e la mia pazienza, che oramai è veramente poca, è scappata del tutto, e sono sbottata: "ma non prendiamoci in giro: non c'è più!"
Ma come si fa a raccontare panzane come "lui c'è ancora" quando si sa che c'è solo un mucchietto di cenere? quando non senti più il calore del suo corpo, l'odore della sua pelle, il suono della sua voce, il sapore dei suoi baci, quando non puoi più vedere l'azzurro dei suoi occhi?
Ma andatelo a raccontare a chi vi dà retta, non venitelo a raccontare a me, porca miseria, a me che non posso più condividere nulla con lui, che non posso più appoggiarmi a lui, che non posso più prendermi cura di lui.
Io  rivoglio quello che avevo, che gli altri hanno ancora e che io non ho più.
Non vi racconto che è tutto finito con la morte, che tutto finisce con la morte. Non ve lo racconto perché non è vero, io lo so che c'è altro, che c'è ben altro. Lo so bene, tanto che io voglio andarci  in questo altro. Voglio andarci subito.
 Ma siccome per il momento il mio desiderio non viene esaudito e mi tocca stare qui, reclamo il mio diritto di non sentirmi dire che c'è ancora, perché qui io sono terrena e qui lo rivoglio nella sua dimensione terrena.
Quanto mi mancano i suoi occhi azzurri, quanto mi mancano...

martedì 20 novembre 2012

Anniversario

oggi è l'anniversario della morte di Babbo.
L'ho stampata nel cervello quella mattina nella cucina di nonna.
La sveglia non aveva suonato, mi ero svegliata da sola e mi ero accorta che era tardissimo, facevamo tardi a scuola.
Mi alzai di corsa infilandomi la vestaglia verde scuro e blu, la casa di nonna non aveva riscaldamento, si passava dal polo nord delle camere all'equatore della cucina dove regnava la cucina economica.
Correndo attraversai la camera dove dormiva mio fratello, gridandogli di svegliarsi. Anche lui saltò giù dal letto e iniziò a corrermi dietro, verso la cucina.
Mentre stavo per spalancare la porta gridavo "in bagno ci vado prima io".
E' assurdo come delle frasi così banali possano stamparsi in maniera indelebile nella memoria.

Mentre dicevo così, aprivo la porta della grande cucina di nonna. Il caldo mi venne incontro, abbracciandomi.
Vidi mia mamma, ne fui contenta, ma la contentezza durò un attimo. Da mesi mia mamma viveva nella camera di ospedale di mio babbo.
Durò un attimo perché vidi anche Zio Lucio e Piero. Rimasi perplessa "Chi c'è con babbo?" chiesi.
E mentre lo dicevo capii vedendo le loro facce.
Babbo era morto.
Il mondo, il nostro mondo era crollato.
Mi ricordo quei momenti attimo per attimo. A distanza di 40 anni.
Non ne ho mai dimenticato nessuno di quei momenti, di quei giorni.
I primo funerale della mia vita, il primo funerale al quale assistetti, fu quello di mio babbo. Morto a soli 48 anni. Esattamente la stessa età di Pablo.

il non detto, in non fatto

Stanotte non riuscivo a dormire.
Continuavo a pensare a quello che non gli avevo detto, ai gesti che non avevo fatto perché pensavo che avevo davanti tutto il tempo per dire e per fare.

sabato 17 novembre 2012

Un altro sabato

Sono stata fuori tutto il giorno, fino a stordirmi. Io che odio il rumore e la folla, che odio lo shopping e le vetrine.
Pur di stare lontana da questo vuoto, da questa assenza mi sono stordita fino ad esserne sfinita.
Quando finirà tutto questo?
Quando finirà questo nodo alla gola?
Quando finirà il mio vivere nonostante me?
Nei negozi gli addobbi natalizi mi artigliavano il cuore.
Proposte di idee regalo dappertutto. Non le sopportavo avrei volutoro gridare, afferrare per la giacca e scuotere, scuotere, scuotere...
Idee regalo a ME che non ho più il destinatario del regalo più importante del Natale?
Decorazioni natalizie per la casa a ME che non più una casa per la mia anima?
Dolcetti natalizi a ME che non ho più con chi condividerli?
Natale a me che sono morta dentro?


domenica 11 novembre 2012

viaggiare leggeri

Perché una persona muore prima di un'altra?
Perché una persona più giovane muore prima di una più vecchia?
Perché tutto quello che fino ad un attimo prima era importante, indispensabile, all'improvviso si affloscia perdendo qualsiasi senso?
Abbiamo una data di scadenza impressa nei nostri geni?
In quale momento i numeri di quella data smettono di girare e si fermano determinando quella che sarà la data della morte?
Quali cose avrebbe fatto Pablo se avesse saputo che sarebbe morto a 48 anni, 4 mesi e sei giorni?
Quali non avrebbe fatto?
Sicuramente non mi avrebbe scritto quel bigliettino con la promessa di tornare.
Non avrebbe portato via il quaderno del lavoro.
Mi avrebbe salutata, mi avrebbe rassicurata.

Cosa farei se io sapessi di morire tra una settimana?
  • Distruggerei tutto quello di personale ho in ufficio
  • Distruggerei le lettere della mia terza vita
  • lascerei le chiavi e le istruzioni pratiche per chi deve gestire la mia morte e il post mortem
  • cercherei di chiudere le pendenze più importanti e allo stesso tempo lasciare istruzioni chiare e semplici
  • saluterei le persone a cui tengo, per lasciare loro il più possibile un ricordo sereno
  • farei la pace con me stessa per tutto quello che non sono stata capace di fare
  • mi accomiaterei mentalmente dai luoghi e dalle cose
Quando parto per un viaggi impazzisco a prevedere cosa potrebbe servirmi. Lo stress causato dai bagagli, dalla scelta del bagaglio è sempre più grosso. La necessita di documentarmi è imperativa e mi sento inadeguata se non ho studiato abbastanza.

Questo ultimo viaggio non sarebbe stressante, sarebbe invece pieno di leggerezza, di gioia.
Non c'è bisogno di nessun bagaglio, non c'è bisogno di studiare.
Al contrario, bisogna partire leggeri e con la mente sgombra, con il cuore aperto.
Spogliarsi, lasciare le borse, lasciare i fardelli.
Osservare, solo osservare per far penetrare la Luce in sé.
Aprirsi per lasciar fluire la Luce.
Non serve niente altro. Ogni cosa sarebbe solo di impaccio.
Sono pronta


sabato 10 novembre 2012

perché parli di anni?


la vita inutile

cosa cavolo sto a fare a questo mondo?
non ne posso più.
speriamo finisca presto, non ne posso più, non ne posso più.

Le unghie non agguantano l vetro

Ci risiamo, come in una sinusoide, implacabile arriva il week end.
Ogni volta è sempre peggio della volta precedente.
Durante la settimana, aggrappata con le unghie e con i denti al mio lavoro, ce la faccio a far passare i minuti, le ore, come se fossi una persona più o meno normale.
Al sabato le mie unghie non agguantano più nulla, precipito su una superficie di vetro.
Questa casa è peggio di una tomba. Ogni luogo in questi momenti per me è peggio di una tomba.
Sono morta il 29 febbraio, ma sono obbligata a a far finta di essere viva.
Non ce la faccio più.
Non ce la faccio più.
Non ce la faccio più.
Non ce la faccio più.

venerdì 9 novembre 2012

Il parcheggio

Silenzio.
In ufficio c'è improvvisamente silenzio.
E' venerdì, sono scappati tutti verso i loro impegni, verso le loro  famiglie, verso le loro vacanze, verso le loro case. Verso il loro agognato week end.
Sono scappati con lo stesso spirito allegro con cui i bambini sciamano fuori dalla scuola.
Come i bambini infatti hanno delle aspettative, hanno un futuro davanti e vogliono viverlo.
Io sola sono rimasta qui. Come sempre. Come tutte le sere che lentamente sfumano nella notte.
Cerco di trascinare il più a lungo possibile il mio stare qui, per sfuggire al silenzio dell'assenza.
Luogo neutro, luogo che non mi ricorda Pablo, che non mi sbatte in faccia la sua assenza.
E' una fuga. E' un non vivere.
E' il mio attendere impaziente, ostinata che Pablo possa finalmente venirmi a prendere.
Io aspetto di morire. Lo aspetto come una liberazione.
Io qui ho finito il mio percorso, ne ho un altro da fare, e non è qui. E sono impaziente di iniziare il nuovo viaggio, la nuova vita nell'aldilà.
Qui sono solo parcheggiata.
Nessuno accetta questo. Nessuno è capace di comprendere quello che dico. Nessuno è capace di accettare che ci sia un altrove verso il quale anelo andare.
Tutti nel giudicare si affidano al proprio modo di sentire, e siccome tutti hanno paura di morire, tutti sono attaccati alla loro vita terrena, non riescono a capire la mia posizione e mi danno sulla voce.
Inizio a detestare quelli che mi dicono "non devi dirlo", "non devi pensarlo", "ti riprenderai", "devi reagire"...
Reagire.
Accidenti se ho reagito!

giovedì 8 novembre 2012

rabbia, dignità e morte

Martedì O. ha detto che il suo compito è darci speranza.
G. le ha risposto che lui non era lì per quello, lui non stava cercando di ricostruire la sua speranza.
Mi ritrovo molto nei sentimenti di G. Nella sua rabbia. Quel ragazzo è saturo di rabbia. Ma non credo che desideri di morire, come invece lo desidero io.
Non ho capito se si sia rassegnato a dover vivere non ostante tutto.
La sua rabbia è caricata anche dalla sua giovinezza e dal calvario di A.
Il calvario di Pablo non è stato devastante al punto di togliergli la dignità. A lui questo è stato risparmiato. E di questo ne sono grata, lo riconosco.
So perfettamente cosa avrebbe voluto dire per lui perdere la dignità.
Penso in continuazione ai suoi ultimi momenti.
Momenti o ore? Per quanto tempo sarà stato vigile, conscio di star morendo.? Questo mi martella nella mente. Questo pretendo di saperlo. Non so come, ma deve dirmelo.
Si sarà reso conto? Avrà evitato di chiedere aiuto per non rischiare di ritrovarsi vivo, ma menomato?
Non vedo l'ora di andare di là per avere tutte queste risposte, e tante altre.
Non vedo l'ora di andare di là.
"Zia , domani sera mi chiami?" Perché d'un tratto vuole che le telefoni tutti i giorni? Cosa percepisce?

Non ne posso più.

Non ne posso più delle frasi idiote.
Non ne posso più di chi mi dice "sei ancora giovane, ti rifarai una vita".
Vorrei vomitargli in faccia la mia non voglia di rifarmi una vita, la mia voglia di morire.
Vorrei mettere a martellate dentro quelle teste che io non voglio più vivere, io non ho più nulla per cui vivere.
Vorrei che galleggiassero per qualche momento anche loro nella melma in cui mi dibatto io dal 29 febbraio.
Non vado cercando false speranze.
Non vado cercando di lenire il mio dolore.
C'è.
Questo dolore, questa rabbia, questa mancanza ci sono. Ci sono in ogni istante della mia vita, in ogni cellula del mio organismo.
Ci sono e ci dovrò convivere fino alla mia morte.
Non fuggo da questo, non anelo di tornare alla mia vita di prima. Non c'è più. E' stata distrutta in una attimo da una telefonata il 29 febbraio.
Non potrà più esserci.
Serve a loro illudersi che possa esserci un mio ritorno a una normalità.
Serve a tranquillizzarli.
Serve a far vivere loro la loro vita.
Non serve a me.
Io sono già morta.

domenica 4 novembre 2012

La Taverna dei Gabbiani

In questi giorni ho fatto la spola con il cimitero,  raramente sono da queste parti. Raramente ho la possibilità di andarci.
E quando sono qui il richiamo è forte. Ho bisogno di stare accanto a quella tomba.
Tutta la mia vita ormai è lì.
Oggi camminavo fino a stordirmi. Camminavo senza meta. E avevo continui flash di Pablo. Cose che mi aveva detto, cose che avevamo fatto, espressioni buffe, ospedali, pronto soccorsi.
Son finita davanti alla Taverna dei gabbiani, mi sono paralizzata, vedevo me e lui seduti al solito tavolo, la sera, a mangiare e chiacchierare. Era assurdamente reale, li guardavo, guardavo lui e me seduti, contenti.
Non avevamo grandi esigenze, eravamo contenti con poco. E  quel poco ci è stato tolto. Non ho più nulla.
Sono infuriata, sono distrutta.

giovedì 1 novembre 2012

canali aperti, canali chiusi

"Sono andato avanti a preparare la casa"

un attimo, per un solo istante si apre un canale che non ti aspetti, che neppure cerchi in quel momento.
Così chiaramente è successo solo due volte.
Vorrei avere la manopola della sintonizzazione.
Rimango in attesa. Curiosa e speranzosa. L'unica cosa per cui provo speranza oltre che per morire adesso.

Quanti anni dovrò aspettare

"Quanti anni dovrò aspettare ancora perché tu venga a prendermi?"
"Perche parli di anni?"

E mi si accende una speranza, un barlume, una fioca fiammella.
Io continuo ad implorare "Vieni a prendere adesso! non ce la faccio più"e guardo con sconforto e orrore al Natale che arriva, a quello che ha sempre significato e che non sarà mai più.
Io non ce la faccio. Io voglio Pablo, io voglio stare con lui.

Il ponte dei morti

Domani è il 2 novembre, il giorno dei morti.
Una volta era un ottima occasione per un ponte fuori stagione.
Quanti viaggi ho fatto nel ponte dei morti! Quanti ricordi, ricordi che sono di un'altra persona. Io non sono più quella. Ho perso tanto tempo fa la me che ero.
Oggi c'è solo un cimitero, un camposanto, una tomba che ho sempre davanti agli occhi, una tomba dove vorrei andare subito anche io, per non essere più sola.

Annullata

Giro inconcludente per casa. Devo partire. Ma non ne ho la forza. La forza mentale.
La morte di Pablo mi ha annullata, ha risucchiato via tutto. Sono rimasta un involucro vuoto.
Non so quanto lo capiscano gli altri: c'è la mia immagine, c'è il mio simulacro, ma di me non c'è più nulla.

Abiti nell'armadio, calzini nel cassetto

Ci risiamo, è un giorno di festa.
Famiglie più o meno felici, più o meno serene si godono insieme questi giorni. Una vacanza, o anche il semplice bighellonare per casa in pigiama.
Io intorno a me ho il silenzio assordante dell'assenza.
Intorno ho le sue cose che non voglio spostare, che non voglio eliminare, ma che mi feriscono in continuazione.
Non posso svuotare i suoi cassetti, sarebbe rinnegarlo, cancellarlo eliminarlo. E io non voglio, io non posso.
Mi viene in mente uno degli ultimi film che abbiamo visto insieme al cinema, dove una Margareth Tatcher insultata dall'Alzhaimer spazzola amorevolmente i vestiti del marito morto tanti anni prima, rifiutandosi testardamente di darli via.
Chi l'avrebbe mai pensato allora che pochi mesi dopo sarei stata io a spazzolare gli abiti del marito morto.

mercoledì 31 ottobre 2012

Come è meglio morire?

Difficile fare una graduatoria.
Difficile stabilire se sia peggio vedere il proprio caro spegnersi lentamente, con dolore, con mancanza di dignità, oppure se sia peggio vederselo strappare all'improvviso, senza aver avuto modo di accomiatarsi, di darsi un appuntamento di là.
Meglio stringere la mano, essere accanto alla fine di una malattia capace anche di privare della dignità? O meglio vedere in un secondo la vita svanire senza neppure l'ultimo bacio?
Io ho avuto la "fortuna" di provarle entrambe allo stesso momento,  per la stessa morte.
Anni e anni di calvario, con lui tenacemente attaccato alla vita, pochissimi lamenti, senza mai pesarmi, scrupoloso e diligente nel prendere le 28 pastiglie al giorno.  E poi in un attimo, quando i medici gli avevano detto che stava abbastanza bene da poter affrontare il lungo viaggio, morire di colpo, da solo, lontano 12.000 km da me.
Rivedo in continuazione nella mia mente il film dei suoi ultimi giorni. Ricostruisco il puzzle senza sosta. E' marchiato a fuoco nella mia testa, sulla mia pelle.

martedì 30 ottobre 2012

una piccola, minuscola felicità negata

Mi sono addormentata seduta sulla sedia.
E' durato poco. 
Quando mi sono svegliata dal torpore ho avuto un pensiero automatico: "Pablo è già a letto, ora vado anche io",  pregustando il rassicurante ranicchiarmi al calore del suo corpo.
Il pensiero è durato un istante, ma era così vero, così pieno di calore, così confortante.
Un attimo e mi sono ricordata che Pablo era morto. Che non mi poteva aspettare di là in camera.
Perché quell'istante pieno di una piccola, minuscola felicità non può durare il resto della mia vita?
Quante persone stanotte pregusteranno il ranicchiarsi al calore del corpo del proprio compagno senza neppure rendersi conto della loro piccola, minuscola felicità?
Quanti di loro domani notte non avranno più nessuno accanto?

domenica 28 ottobre 2012

Esclusa

Oggi in chiesa c'è stata una specie di cerimonia, non ne ho afferrato bene il motivo, in certi momenti i cervello mi si congela e si estranea alla realtà.
Ma non è importante il motivo, quello che conta è il cosa.
Benedizione di chi festeggiava l'anniversario di matrimonio, mi pare dai 35 anni in avanti.
Erano tutti allegri, felici. Parenti agghindati a festa battevano le mani e scattavano foto.
Io li guardavo.
Hanno il diritto di essere felici, è ovvio.
Ma gli altri? Ci pensa nessuno a come si sentono quelli che non fanno parte della festa perché soli, perché vedovi, perché separati o divorziati?
Per me è stata l'ennesima pugnalata, l'ennesimo rigirarsi del coltello nella piaga.
Vedere quelle persone felici, festeggiate ed io invece avere solo delle foto, dei ricordi, una tomba.
Come si fa a non provare rabbia?
Come si fa a non sentirsi esclusi dalla vita?
Come si fa a non far rotolare giù le lacrime?
Come si fa a non aver desiderio di morire?

venerdì 26 ottobre 2012

complicazioni

Leggendo qui mi sono irritata.
Mi irrita veder banalizzato, incasellato il mio dolore, me stessa.
Comprendo che i medici abbiano necessità di definire e quindi incasellare.
Ma leggere che è necessario un "intervento immediato per impedire complicazioni come il suicidio"
mi irrita.
Il suicidio, il desiderio di scomparire, il desiderio di ricongiungersi all'essere amato scomparso in un altra dimensione, nell'aldilà e considerata una COMPLICAZIONE.
Credo che chi ha scritto questo testo infelice abbia avuto la fortuna di non aver mai provato sulla sua pelle quello che provo io sulla mia.
Complicazione. cosa è una complicazione? Un fastidio nell'efficienza quotidiana, immagino.Un granello di sabbia in un ingranaggio. Qualcosa che non rientra negli schemi.
Quando il dolore ti sovrasta, quando tutto quello che dava un senso alla tua vita non c'è più, quando non hai più speranze, quando non hai più aspettative, quando sai che qui non hai più nulla da fare, quando sai che di là invece ti aspetta qualcosa, qualcuno, che di là ti aspetta di nuovo finalmente la gioia è leggittimo volersene andare.
Si parla del desiderio di andarsene o si parla delle modalità per andarsene?
Volete impedirmi di suicidarmi o volete impedirmi di desiderare di morire?
qual è il vero problema?

Era il non tempo

Sto male da morire.
Finché sono in ufficio funziono più o meno (a volte molto meno) come una persona "normale".
Fuori sono paralizzata.
Ho il cervello gelato. Il cuore gelato.
Il passo si fa lento, lo sguardo perso in qualcosa che non c'è più, che non avrò più.
Il diaframma si irrigidisce, faccio fisicamente fatica a respirare.
Sento la gente intorno a me fare progetti per il weekend. A volte anche solo stupidaggini come andare a far la spesa al supermercato, non grandi progetti. Mi graffiano il cuore, mi inceneriscono il cervello, mi tolgono il fiato.
Ho anche pensato di prendere dei sonniferi per dormire tutto il weekend, per non esserci. Finora non l'ho mai fatto. Ma forse dovrei farlo.
Dormire. Cos'è il sonno se non una blanda imitazione della morte?
Quando ero bambina chiamavo "non tempo" quello passato a dormire. Era il non tempo perché era sprecato, non potevo usarlo per fare le mille cose che volevo fare.
Quanto è lontana da me la gioia per la vita di quella bambina.

giovedì 25 ottobre 2012

Il dolore consuma

Sono spossata.
Spossata dalle lacrime, spossata dal dolore.
Fino a tutto il 23 ho tenuto botta. Dovevo fare qualcosa per Pablo, potevo in qualche modo prendemi cura di lui.
Finito tutto sono crollata. Devastata. Risucchiata. Schiacciata.

martedì 23 ottobre 2012

Buon compleanno amore mio

Il 23 ottobre è il compleanno di Pablo e coincide con l'anniversario della morte di suo fratello.
Non ha mai potuto essere un giorno di piena gioia, era soprattutto  il ricordo della una morte prematura e improvvisa.
In ricordo di Carlos accendevamo una candelina.
Quest'anno l'accenderò da sola. L'accenderò per te e anche per lui, amore mio.

lunedì 22 ottobre 2012

bricolage e lutto

Ho fatto finta di vivere.
Ho comprato uno scaffale e l'ho montato.
Sono crollata alla fine, riponendo il suo avvitatore, la sua borsa dei ferri, guardando quello che aveva fatto lui per capire come avrei dovuto fare io.
Sono crollata, arrabbiata perché non mi insegnava.
Non mi insegnava perché voleva fare lui per me.
Per avere la soddisfazione di fare qualcosa per me.
Arrabbiata,commossa, intenerita, riconoscente e di nuovo arrabbiata, ma con Dio che me lo ha tolto.

Pablo, mi manchi tanto. Non voglio stare qui senza di te. Vienimi a prendere, ti prego.

domenica 21 ottobre 2012

Essere dei sopravvissuti

Superstite, sopravvissuto.
Queste due parole implicano aver sfiorato la morte, aver rischiato di perdere la vita come chi  è morto, ma avere ancora la vita davanti.
Io scivolo fuori da queste parole perchè una parte di me è forzatamente viva, ma la parte più importante è rotta, già morta.
Io rinnovo l'abbonamento a teatro, faccio coraggio a chi è in difficoltà, risolvo problemi sul lavoro, faccio la zia quando ci sono i miei nipoti, perché è il mio "dovere". Perché è giusto che gli altri da me ricevano questo, finché ci sono. Ma non sono attaccata a nulla e a nessuno. Ogni giorno prego perché sia l'ultimo.
Io non ho paura di morire, perché non ho nulla da perdere, ho solo da guadagnare. Quello che dovevo fare qui l'ho fatto, ora sono curiosa di andare di là ,  deve essere un posto dove posso fare/dare/ricevere molto di più che qua adesso.
E soprattutto deve essere un posto dove io possa finalmente ritrovare la gioia, la pace, la serenità che qui ho perso.

Domenica, maledetta domenica

E maledette siano tutte le festività, le ricorrenze, le giornate che si trascorrono con i propri cari. Le giornate dedicate alla famigli, agli amici, agli affetti.
Le giornate in cui si sta con quelli a cui si vuol bene.
Le giornate in cui stare a letto a chiacchierare.
Le giornate in cui uscire insieme.
Le giornate in cui si cucina e si prepara la tavola insieme.
Le giornate in cui si pranza insieme.
Le giornate in cui si fa qualcosa insieme.
Le giornate in cui non si fa nulla, ma lo si fa insieme.

venerdì 19 ottobre 2012

Dolore, disperazione, vuoto


Rewind

Abbiamo avuto momenti felici, momenti belli da ricordare nonostante i disagi, nonostante la malattia.
Rileggevo il blog che scrissi quasi due anni fa, quando andammo di corsa in Argentina, per quello che sembrava essere il suo ultimo viaggio in quella terra.
Rileggevo e sorridevo. Rileggevo e provavo tanta nostalgia.
Vorrei che la vita avesse il tasto rewind. Lo vorrei tanto.

giovedì 18 ottobre 2012

Pioggia e lacrime


suicidio

Non ce la faccio più a stare qui.
Se non fossi codarda, se avessi coraggio mi suiciderei.
Penso a come fare, ma non trovo la soluzione.
Deve essere rapida, indololore e INFALLIBILE.

Potrei buttarmi di sotto dal nono piano, i balconi sono qui a portata di mano. Liliana si è buttata dal secondo, è piombata sul cemento ed è morta mentre suo cugino parlava con il personale della casa di riposo. Lei ha avuto più coraggio, più determinazione di me.
Ma il volo dura un'eternità, potrei avere il tempo di aver paura, o anche solo di pentirmi. Morire con il terrore negli occhi? no. Non è quello che voglio.

Affogare.
Il mare è a portata di mano, potrei nuotare fino a perdere le forze.
Non  lo farei mai perché è tutt'altro che rapido e indolore.
ho fatto il BAL, so cosa vuol dire trovarsi acqua che entra nei polmoni al posto dell'aria. So perfettamente cosa si prova a respirare acqua. E' una sensazione atroce.
No.

Spararmi.
Non ho una pistola e neppure un fucile.
E se anche me li procurassi potrei sbagliare condannandomi a vivere paralizzata. Che beffa sarebbe!

Schiantarmi contro un muro.
Non è rapido, non è indolore e non è certo. E' solo idiota.

Avvelenarmi.
Potrebbe essere una buona idea. Qualcosa di rapido, indolore, efficace credo che esista. Cianuro. Ma puro. Quello nel veleno per topi è tutt'altro che  rapido, indolore.




un nuovo giorno

E'  iniziato un nuovo giorno.
Devo avere la pazienza di aspettare che mi scivoli addosso.

mercoledì 17 ottobre 2012

Perché?

A volte si litiga con Dio.
Gli si urla contro che non c'è giustizia.
Si pretende la giustizia.
Si pretende che ci venga spiegato il Perché.
Perché?
Perché?
Perché?
Perché?
...
Perché?
Domanda infinita senza risposta.
Perché hai fatto morire lui che voleva vivere e invece lasci in vita chi vuole morire?
Perché ti sei accanito tanto contro quella famiglia?
Perché proprio lui?
Perché proprio quando era da solo?
Perché lì?
Perché l'hai martoriato per 12 anni?
Perché ci hai imposto così tante sofferenze?
Perché me lo hai dato per poi togliermelo troppo presto?
Perché devo continuare a stare qui?

Sette mesi e 17 giorni di sofferenza.

Pablo è morto il 29 di febbraio. Da quel giorno la mia vita è cessata.
17 giorni frenetici in Argentina per riportarlo a casa, per separarci dai ricordi della sua famiglia, della sua vita lì. Per dire addio per sempre a quello che erano.
Io unica custode di ciò che rimane. Un peso che mi soffoca.
Poi il secondo funerale in Italia. L'apertura della tomba, il cemento fresco su cui ho scritto io il suo nome e ho disegnato un cuoricino.
Poi la sua casa di Mantova, quella che aveva mantenuto tutti questi anni, ma dove ormai neppure più dormiva quando andava là. Ho dovuto smontare pezzo per pezzo, da sola, quella casa.
Completamente sola a parte due giorni in cui la mia amica  P. mi aveva dato una mano a separare i documenti.
Quintali di documenti di carte che ho letto una per una fino a scremare per conservare, per portare qui con me i ricordi, le cose di lui.
Mi è passata per le mani tutta vita di Pablo. Tutto quello che non avrebbe mai più potuto essere.
Con amore, con infinita tristezza ho preso in mano ciascuna cosa cercandovi dentro Pablo.
Chiudere quella casa il 1 luglio mi ha ucciso. Sono crollata in quel momento.
Nessun essere umano dovrebbe essere chiamato a fare quello che è toccato fare a me.
A nessuno dovrebbe toccare tutta questa infinita sofferenza. Nessuno dovrebbe essere lasciato solo come lo sono io. A nessuno.
 "Se hai bisogno vengo" dicevano, ma alla fine pochissimi e per poco tempo sono venuti. E gli altri dove erano?  Pudore? incapacità di comprendere? pigrizia?
E' vero, io non chiedo. Lo faccio molto raramente
Non aspettate che uno nella mia situazioni vi chiami. Andate voi da lui. siateci davvero, non solo a parole.Siate veramente presenti, non solo a parole. La fisicità è importante. A volte una telefonata è come una mano tesa.

lunedì 15 ottobre 2012

Il mio cimitero privato

Il mio cimitero privato: le foto nello studio di Pablo, le foto della sua famiglia.
Occhi celesti limpidi, ridenti mi guardano da quelle foto. Vispi, intelligenti, allegri quelli del padre, azzurri come il mare che aveva navigato. Dolci, affettuosi, con dentro la fatica della malattia quelli della madre, con ancora un sprazzo della vivacità delle sue foto di ragazza.
I suoi occhi furono la prima cosa che mi colpirono di Pablo, un cielo azzurro come sa esserlo solo quello di un giorno di febbraio che ha dentro la promessa della primavera.
Occhi che guizzavano di allegria. Occhi intelligenti, curiosi. Mi incantarono, mi incuriosirono, mi legarono a lui.
Dio, quanto vorri poterli guardare ancora quegli occhi.
Quanto mi mancano i suoi occhi ridenti.
Lo sguardo sornione che dietro ha un cervello che lavora senza sosta. Di chi osserva acutamente dando l'idea di guardare appena.
Quanto mi mancano quegli occhi azzurri capaci di infinita tenerezza nei miei confronti.

venerdì 12 ottobre 2012

Come stai?

Quando abbracciandoti fuori dalla Chiesa, dopo il funerale, ti dicono "Non perdiamoci vi vista" o anche "Per qualsiasi cosa conta su di me", oppure "Io per te ci sono sempre" sai già esattamente chi di loro scapperà immediatamente il più lontano possibile e non sentirai mai più.

Ci sono anche quelli del "rispetto la tua necessità di isolarti"   che con questa scusa non ci sono mai, specialmente in quelle sere in cui spereresti tanto in una telefonata o anche solo in una mail con un banale "come stai". Rispetto? No dai, diciamo la verità: avere tra i piedi una che non è il ritratto della gioia e della spensieratezza è un po' una palla.

E anche se fai finta di essere normale loro vedeno accanto a te il vuoto lasciato dal morto. E quel vuoto preferiscono non correre il rischio di vederlo. Così ti lasciano sola.

Offrire una spalla per piangere evidentemente è cosa più difficile e faticosa di quanto si creda.
Ferisce  il silenzio, la lontananza, il dileguarsi di quelli su cui credevi di poter contare.

Pesi enormi

In certi momenti il dolore oltre che l'anima invade anche il corpo. Fatico a respirare, ho un macigno sul petto. E' un dolore così intenso da desiderare di vomitare per espellerlo da sé.
Tutto è difficile. Ogni singolo passo diventa pesante, strascicato.Vorrei risveglirmi di là, con Pablo che mi guarda, che mi aspetta.
Faccio fatica a fare qualsiasi cosa. Faccio sforzi sovrumani per riuscire a fare quello che devo. Le urgenze. Ma a volte non riesco a fare nemmeno quelle.

affogare

Mi manca l'aria.
ho dentro talmente tanto dolore da non riuscire a respirare.
Vivir sin aire, infatti.
Tanti anni fa gli chiedevo la traduzione di quisiera
oggi lo sento sulla mia pelle però non posso, sento che muoio senza di te  - non posso vivere seza di te


como quisiera, poder vivir sin aire
como quisiera, poder vivir sin agua
me encantaria, quererte un poco menos
como quisiera, poder vivir sin ti
pero no puedo, siento que muero

me estoy ahogando sin tu amor
como quisiera, poder vivir sin aire
como quisiera calmar mi afliccion
como quisiera poder vivir sin agua
me encantaria robar tu corazon
como pudiera un pez nadar sin agua
como pudiera un ave volar sin alas
como pudiera la flor crecer sin tierra
como quisiera poder vivir sin ti
pero no puedo, siento que muero

me estoy ahogando sin tu amor
como quisiera poder vivir sin aire
como quisiera calmar mi afliccion
como quisiera poder vivir sin agua
me encantaria robar tu corazon
como quisiera lanzarte al olvido
como quisiera guardarte en un cajon
como quisiera borrarte de un soplido
me encantaria matar esta cancion

giovedì 11 ottobre 2012

E in un abbraccio portami via per sempre

Sola in pronto soccorso

E' una giornata difficile.
Ieri al pronto soccorso, attraversando un corridoio con i pazienti sulle barelle ho avuto il flash di tutte le volte che ho visto Pablo in un pronto soccorso sdraiato su una barella.
Ho rivissuto in un istante tutte quelle attese, tutte quelle sofferenze. La pazienza enorme di Pablo, il suo sangue freddo, la sua competenza nel parlare con i medici che di volta in volta lo vedevano. L'incompetenza di alcuni di questi, la loro arroganza, chiusi nelle loro certezze, incapaci di mettersi in dubbio, incapaci di riconoscere che non sapevano. L'umanità e la disponibilità di altri.
La consuetidine con la sofferenza e la morte rende cinici? rende incapaci di vedere l'essere umano che si ha davanti? Talvolta, o forse molto spesso.

Ieri in quel pronto soccorso, da sola, c'ero per me.
E quell'essere lì da sola, ieri, come anche anche oggi, mi ha schiacciata.
Sola. Ero lì per un intervento. Pablo mi avrebbe sicuramente accompagnata, accudita, tenuta d'occhio. Premuroso.
Non può più accompagnarmi, non può più prendersi cura di me.
Non c'è più.
Oggi ho guardato molti album di foto, ho pianto. Sto piangendo.
Pablo non è più accanto a me, non scherza più con me. Non fa più il cretino per me. Mi guarda sorridente dalle cornici con cui sto riempiendo la casa. Ma non potrà più abbracciarmi. Non potrò mai più sedermi al posto del passeggero con lui alla guida.
Mi ha lasciata sola. Irrimediabilmente.
Voglio andare da lui.
Non ce la faccio a stare da questa parte, da sola.

mercoledì 10 ottobre 2012

Le tombe adornate

Vedere dei giochini adagiati sopra una tomba mi fa sempre stringere il cuore.
Non sono poche queste piccole tombe adornate. La maggior parte ha date recentissime.
Quelle più vecchie mi raggelano. Giovani genitori che rimangono attaccati a un bambino che quei giochi non li ha mai toccati. Attaccati in una maniera così dolente da impietosirmi.
C'è la tomba di una giovane ragazza di 26 anni trasformata nel giardino di casa, con gli scacciapensieri attaccati ai rami più bassi degli alberi e le statuine tra le piante.
C'è quella di un diciassettenne amante del mare tutta in un marmo celeste che ricorda le onde del mare.
Con Pablo guardavamo sempre con triste affetto la tomba di questo ragazzo sconosciuto, il nostro pensiero andava a quella madre che ormai da molti anni cambiava con ostinato tempismo la foto sulla tomba, adattandola alle stagioni.
Le scritte disperate con cui i compagni di scuola avevano imbrattato i marmi circostanti sono ormai sbiadite nel tempo, la disperazione espressa da quelle frasi si sarà sicuramente dissipata, mentre il dolore tenace di quella madre non è mai sbiadito. Lei è sempre stata lì ad accudire quel figlio che non c'è più, attenta a cambiare le foto e a pulire la tomba così come quando tirava fuori i maglioni invernali e rifaceva il letto del suo ragazzo. Un amore che va oltre la morte.

Il caso ha voluto che anni dopo, la tomba in cui è stata deposta Liliana fosse quasi di fronte alla tomba azzurra.
Il caso? no quacosa che va oltre il caso.
Liliana, che amava il mare sopra ogni cosa, ora ha di fronte il mare di marmo.
Chissà, magari lo conosceva quel ragazzo, magari sapeva la sua storia.
Ma la tomba di Liliana non ha visitatori affettuosi, non ci sono lumi, non ci sono fiori.
L'ultima volta ho portato io un mazzo di rose gialle, non potevo vederla così dimenticata.
Lei forse avrebbe apprezzato di più un frammento di scoglio, una conchiglia.
Riposa in pace Liliana, finalmente in pace.

Nero


martedì 9 ottobre 2012

Facebook e il lutto

Ho sempre detestato Facebook, lo ritenevo una inutile perdita di tempo.Un non-luogo per chi non ha nulla di meglio da fare. Un occhio spione sulla vita privata. Mi facevo un punto di orgoglio di non esserci dentro.
Con la morte di Pablo mi son dovuta ricredere.
Quando lui è morto, mentre io partivo dall'Italia,  è stato lo strumento che ha consentito ai suoi amici di avvisare rapidamente il maggior numero possibile di persone in tutti i continenti .
Poi l'ho usato io per contattare i suoi amici di cui non trovavo i recapiti e dare loro le informazioni sul funerale in Argentina e su quello in Italia.
Ma soprattutto è stato il sorprendente mezzo per ricevero un numero enorme di testimonianze di affetto per la scomparsa di Pablo.
Mi ricordo la sera che Gonzalo mi ha mostrato la lista dei messaggi di cordoglio e di partecipazione. Una lista che non finiva mai di messaggi sinceri, commoventi, toccanti, scritti di getto con il cuore. E' stato in quel momento che ho rivalutato lo strumento e che ho deciso di usarlo per rimanere in contatto con tutti gli amici di Pablo. Amici veri, in carne ed ossa, molti dei quali dall'altra parte dell'oceano. Non semplici contatti raccattati per fare numero.
Facebook è come il coltello: puoi usarlo per tagliare il pane o per uccidere un uomo, dipende solo da te farne uno strumento utile o inutile.
Non ho un mio account, sto volutamente continuando ad usare quello di Pablo. Tanti suoi amici mi hanno chiesto di mantenerlo, di non distruggerlo. Per noi tutti è un po' come se Pablo fosse ancora dietro al suo portatile. Non faccio finta di essere lui, non lo sono, dichiaro sempre subito di essere io.
Ma vedere il suo nome e la sua foto è una piccola consolazione per tutti, è tenerne vivo il ricordo.

Solidarietà

Mi son capitati sotto gli occhi i post di incoraggiamento che gli amici di Pablo mi hanno scritto il giorno che ho chiuso la casa di Mantova.
C'è dentro tutta la mia angoscia, c'è dentro tutto il loro affetto, la loro impotenza nell'essere lontani, il loro affetto per Pablo e per me.
Ho gli occhi pieni di lacrime.

lunedì 8 ottobre 2012

Mangiare in piedi come i cavalli

E' lunedì. Esco dal torpore, dal silenzio di un fine settimana segnato, come tutti gli altri,  dalla mancanza assordante di Pablo , dalla solitudine, dal silenzio, dalla rabbia e dal dolore.
E torno a far finta di vivere. Devo farlo, dato che lavoro in un ufficio.
Il lavoro. Per fortuna che c'è il lavoro che mi obbliga ad alzarmi dal letto, a lavarmi e a vestirmi, a  uscire di casa.  Per fortuna che c'è il lavoro che mi obbliga  a  relazionarmi con le altre persone, che mi obbliga a pensare ad altro, che mi obbliga a mangiare seduta a tavola un pasto decente, caldo e completo in compagnia di altre persone. Forse gli altri neppure si rendono conto di quanto è importante per me mangiare seduta a un tavolo in loro compagnia.
Alessandra, una mia amica di tanti anni fa mi raccontava che a casa non si sedeva più per mangiare. "Mangio in piedi come i cavalli" mi disse con una saetta che le attraversò lo sguardo. Era rimasta vedova a 34 anni, anche lei, come me, senza figli.
All'epoca mi parve una cosa assurda. Ora la capisco bene, fin troppo bene.
Rimango in ufficio il più a lungo possibile. Rimando più che posso il ritorno in una casa vuota, silenziosa.
Ma alla fine devo tornarci, alla fine devo fare i conti con il vuoto che ho dentro e con quello che ho intorno.

Dio, ti prego fammi morire ADESSO, ti prego.

L'ala nera della morte

Dio si è accanito contro la famiglia di Pablo
Sono morti tutti. Una famiglia sterminata nel giro di pochi anni.
Tre figli maschi, tutti e tre morti. A 2 anni, a 31 anni e a 48 anni.

Un destino di morte.
E io adesso mi trovo unica depositaria dei ricordi di quella famiglia.
Un peso terribile da cui mi sento schiacciata.
Pablo  è stato l'ultimo della sua famiglia, e anche lui è stato schiacciato dal peso di essere l'ultimo.
Ho dentro tanta rabbia per questo. Dove è la giustizia divina in tutto questo?

domenica 7 ottobre 2012

Il lutto altrui infastidisce


Come dice una mia collega: "la mezz'ora di pietà è finita".
Manca la capacità di cordoglio. Non c'è più.

Nella società contadina c'era la condivisione, la compartecipazione del dolore.
Le veglie funebri che ci capita di vedere in qualche vecchio film adesso ci fanno sorridere. Cerchiamo di irridere quello che non siamo in grado di capire.
Il lutto da manifestazione condivisa ( ricordate le prefiche?) è sempre più relegato a manifestazione privata. E meglio se di breve durata.
Abbiamo creato una società che ha paura della morte, che fa di tutto per sembrare giovane, lontana dalla morte. Una società che non è più capace di guardare con serenità e accettazione alla morte.
Accettazione del fatto che è normale morire, che dobbiamo farci i conti.
Io so di dare fastidio con il mio dolore. So di mettere a disagio.
Come mi diceva l'altro giorno un "collega di lutto", un ragazzo rimasto vedovo da poco,  giovanissimo: "ti invitano, ma loro sono a disagio, sei "il vedovo", di che ti parlano?"
Un altro "collega di lutto" un signore anziano la cui moglie è morta da qualche anno, mi diceva "con gli amici non posso più parlarne, non posso più parlarne con nessuno, se non qui con voi"
Il lutto infastidisce. Le persone che soffrono per il lutto infastidiscono. Non sanno come gestirci, non sanno di che parlarci. Ricordiamo loro la caducità della vita, la vacuità delle cose per cui si affannano, siamo l'evidenziatore del loro rincorrere valori inutili.
Meglio evitarci.
Ho preparato degli album con le foto di Pablo Credevo che sarebbero stati guardati con interesse, con affetto. Sono l'unica, o quasi, a voler guardare quelle foto.
La vita va avanti, Pablo non ne fa più parte, inutile soffermarsi su quelle foto. Deve essere questo il loro pensiero.
E a me fa male perché io ho un disperato bisogno di condividerlo, di parlare di lui, di sentirne parlare.
Anche i suoi cugini glissano, cercano di sfuggire il parlarne.
E io imperterrita a ogni ricorrenza mensile della sua morte lo ricordo sul suo FB. Posto foto, posto ricordi.
Ho un disperato bisogno di mantenerlo vivo. Vivo almeno nel ricordo.


Non ho più risorse.

Là fuori il mondo va avanti, come è giusto che sia.
Io mi sono fermata.
La mia vita si è spezzata il 29 febbraio, quando una telefonata mi diceva che Pablo era morto.
Ho fatto e sto ancora oggi facendo tutto quello che devo fare per lui.
Ho chiuso da sola la sua casa di Mantova. Ho chiuso ciò che restava della sua famiglia in Argentina.
Non riesco a toccare le sue cose qui nella casa dove vivevamo insieme.
Sono crollata con la chiusura della casa di Mantova.
Non ho più risorse.
Piango e prego Dio di farmi morire adesso. Non ho più speranze, non ho più aspettative.
La morte è l'unica liberazione possibile da tutto questo dolore.

Cosa sto qui a fare?

Mi sono addormentata seduta al tavolo di cucina.
Non è la prima volta.
Da quando è morto Pablo raramente faccio la spesa. Ho smesso di cucinare, mangio come capita. Di fame non muoio: durante la settimana faccio a mezzogiorno un pasto regolare in mensa.
Se non ci fosse il lavoro oltre a non mangiar non mi laverei e non mi vestirei tutti i giorni.
Probabilmente neppure mi alzerei dal letto.
Durante le ferie ho passato giorni interi a fissare il soffitto della camera.

sabato 6 ottobre 2012

Vienimi a prendere


Frammenti

Oggi ho chiesto ai suoi amici di mandarmi un aneddoto, un ricordo di Pablo
Sono iniziate ad arrivare le risposte.
Frammenti, minuscoli frammenti di un enorme mosaico.
Rido e piango leggendoli.
Rido perchè Pablo era la mia parte allegra, scherzosa. Certe storie sono davvero buffe.
Piango perché non potrò più avere nulla del genere con lui.
Piango perché mi è stato strappato a soli 48 anni.

suicidarsi?

Sto così male che vorrei solo morire.
Se non fossi codarda mi suiciderei.
Per ammazzarsi ci vuole coraggio, e io non ce l'ho.
Non ho paura della morte, non ho più nulla da perdere.
Teme la morte chi è attaccato alla vita. Io qui non ho più nulla da fare, ho fretta di andare di là.

Perchè?

Cosa è questo? un posto per il mio dolore, un posto per la mia rabbia.
Di solito piango, urlo, mi dispero nel bozzolo protettivo della mia macchina.

La macchina come non luogo. Il motore, le ruote danno la possibilità di scappare.
Scappare da sè. Scappare dal dolore.
Ma non c'è scampo.
Sono qui per aver la possibilità di dar voce a quello che mi soffoca.

domenica 30 settembre 2012

Piove

Piove. In lontananza i lampi di un temporale sul mare.
Il Camposanto con la pioggia è deserto. Oggi, sei mesi fa, eravamo qui per il funerale in Italia di Pablo. Oggi, sei mesi fa, inginocchiata sulla pietra scrivevo il nome di Pablo sul cemento fresco della tomba, e ci disegnavo un cuoricino. La pioggia si mischia alle lacrime.
Risalgo in macchina, devo guidare per 300 km. Quante volte lo avevamo fatto insieme questo viaggio!

domenica 23 settembre 2012

lettera a una amica

Cara E., mi accorgo solo ora che mi scrivi da un indirizzo su gmail. Abbiamo le cose sotto il naso e non le vediamo.
Io poi non vedo quasi più nulla.
Solo passandoci si può capire quanto un lutto possa  devastare il fisico, la mente e l'anima. Prima erano solo modi di dire o poco più. Mai avrei lontanamente immaginato tutto questo.
Oggi devo chiudere la casa e guidare fino a Milano. Da ieri sono piegata in due a causa dei miei problemi con la schiena. Non so come riuscirò a fare tutto.
Inevitabilmente ricordo quando non ero qui da sola. Scherzando dicevo che in due non ne facevamo uno sano, ma riuscivamo sempre ad aiutarci e a superare le difficoltá. Dividevamo i pesi. Oggi i pesi mi schiacciano.
Sono le piccole sciocchezze di ogni giorno a farmi precipitare in un baratro di angoscia, disperazione, solitudine, mancanza di Pablo.
L'altro giorno l'ho sentito. Sentito... Mi sono arrivate delle frasi che non ho formulato io. Niente di più.
"sono andato avanti a preparare la casa" , e mentre piangevo seduta della vasca delle terme, mezza fuori dall'acqua mi è arrivato un affettuoso "stai sotto, C." .
Ma sono solo pallide ombre di quello che mi manca.
"Quanto ci metti a preparare la casa, quanto ancora devo aspettare qui?" sono queste le domande per me essenziali che rimangono senza risposta. Inascoltate.


Gli animali e i bambini si comportano con me in modo strano. Mi stanno attaccati. Più attaccati di prima. Molto di più, ma io non faccio nulla per attirarli. Cosa sentono gli animali? Quali doti avevamo da piccoli che abbiamo perso crescendo?
Gli adulti al contrario si allontanano. È come se il dolore creasse un'aura che allontana. Si cerca di evitare di entrare in contatto con chi emana dolore perchè così facendo si crede di esorcizzarlo? O lo si fa solo perchè chi ha dentro dolore è meno brillante, meno piacevole? Oppure abbiamo nascosto il nostro dolore sotto il tappeto e non vogliamo che altri ce lo rendano evidente, in un gioco di specchi?
Gli antichi romani avevano i Lari come protettori della casa, ricordavano con affetto e rispetto i propri morti, non li nascondevano. La nostra società nasconde, rimuove. Mia cugina mi dice che il cimitero è sempre píù deserto, nessuno va più dai propri morti se non nella ricorrenza canonica, quando si va per fare salotto, per spettegolare, per commentare quanti fiori e di che dimensioni sono sulle tombe. Abbiamo meno tempo? Non vogliamo ricordare? La morte ci spaventa così tanto?
Ci stordiamo: musica a palla nei negozi, in casa televisione sempre accesa su chiacchiere vuote, in macchina e in ufficio radio costantemente accesa come costante rumore di fondo.
 I nostri orecchi, la nostra mente non è più abituata al silenzio, non sa più gestirlo. Il silenzio ci spaventa. Il silenzio è un vuoto che  non siamo più capaci di
 riempire da soli. Il silenzio come momento di riflessione, di esplorazione di noi stessi è un lusso che ormai pochi sanno cogliere. E il cimitero è silenzio, solitudine, abbandono, incognito.
Ti abbraccio
C.