Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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martedì 25 dicembre 2012

È Natale

Ho retto, più o meno, durante la messa di mezzanotte. Ma quando sono uscita mi sono rifugiata in macchina a piangere, a gridare.
Ho retto durante la giornata, con le bambine appoggiate addosso a giocare.
L'unica che mi ha parlato di Pablo è stata Chiara, 5 anni. All'improvviso "mi manca lo zio Pablo".
 Sapessi quanto manca a me!
Ma ho retto. Abbiamo guardato insieme i brevi filmati dello scorso Natale, in alcuni c'era Pablo.
Quando è arrivato sul suo cellulare un messaggio di auguri per lui sono iniziata a crollare.
"Pablo, non c'è più"
"Lo so, ma mi piace pensare di potergli ancora fare gli auguri"
"Non sei il solo"
Forse si era solo sbagliato e aveva cercato di rimediare a un invio circolare. 
Forse era vero.
Ma io son dovuta scappare a piangere, a gridare in macchina.
Sono parcheggiata al buio, dove posso gridare, chiusa dentro, senza che dalle case mi sentano. Parcheggiata davanti alla ferrovia. Voglio morire, non voglio più vivere con tutto questo dolore.
Scrivo come valvola di sfogo. Ma serve sempre meno.
Il dolore mi rode il cuore.
Voglio smettere di esistere. 
Prego Dio che mandi Pablo a prendermi per accompagnarmi nella nostra casa.

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