Pablo avrebbe guardato l'orologio, pronto a farmi gli auguri allo scoccare della mezzanotte, come è usanza in Argentina. Voleva essere il primo a farmi gli auguri, quando stava male si torturava per stare sveglio e attendere la mezzanotte.
Mi manca. Mi manca. Mi manca.
Mi manca tanto. Mi manca il suo affetto, il suo amore. Mi manca il suo spirito, la sua allegria e mi manca anche la sua malinconia.
Non sapeva ballare il tango, ma ne aveva dentro lo spirito, lo aveva respirato nell'aria. A volte lo prendevo un po' in giro per quel lato "tttangoooo" :« Il tango è un pensiero triste che si balla. (Enrique Santos Discépolo) »
Anni fa gli avevo proposto di andare a scuola di tango, ma non ne avevamo il tempo. Quando avremmo avuto il tempo lui non ha più avuto la salute.
Mi manca. Mi manca. Mi manca.
Mi si accavallano l'uno sull'altro i miei compleanni con lui.
Troppo vivo è il ricordo del 4 dicembre dell'anno scorso, la gioia
negli occhi di Pablo mentre scartavo il suo regalo, il divertimento nel
vedere la mia reazione, la sua tenerezza di fronte alla mia commozione. La sua costante e premurosa
attenzione nei miei confronti, nonostante la sua malattia. Il suo
esserci sempre per me.
Tutto questo non ci potrà mai più essere. Non potrò più averlo.
Mi manca. Mi manca. Mi manca.Mi mancano i suoi azzurri, il suo sguardo sulle cose, il suo sguardo su di me.
Il mio sguardo è annebbiato dalle lacrime.
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