Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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venerdì 23 novembre 2012

non prendiamoci in giro: non c'è più

"Devi pensar che lui c'è ancora" e la mia pazienza, che oramai è veramente poca, è scappata del tutto, e sono sbottata: "ma non prendiamoci in giro: non c'è più!"
Ma come si fa a raccontare panzane come "lui c'è ancora" quando si sa che c'è solo un mucchietto di cenere? quando non senti più il calore del suo corpo, l'odore della sua pelle, il suono della sua voce, il sapore dei suoi baci, quando non puoi più vedere l'azzurro dei suoi occhi?
Ma andatelo a raccontare a chi vi dà retta, non venitelo a raccontare a me, porca miseria, a me che non posso più condividere nulla con lui, che non posso più appoggiarmi a lui, che non posso più prendermi cura di lui.
Io  rivoglio quello che avevo, che gli altri hanno ancora e che io non ho più.
Non vi racconto che è tutto finito con la morte, che tutto finisce con la morte. Non ve lo racconto perché non è vero, io lo so che c'è altro, che c'è ben altro. Lo so bene, tanto che io voglio andarci  in questo altro. Voglio andarci subito.
 Ma siccome per il momento il mio desiderio non viene esaudito e mi tocca stare qui, reclamo il mio diritto di non sentirmi dire che c'è ancora, perché qui io sono terrena e qui lo rivoglio nella sua dimensione terrena.
Quanto mi mancano i suoi occhi azzurri, quanto mi mancano...

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