Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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venerdì 26 ottobre 2012

Era il non tempo

Sto male da morire.
Finché sono in ufficio funziono più o meno (a volte molto meno) come una persona "normale".
Fuori sono paralizzata.
Ho il cervello gelato. Il cuore gelato.
Il passo si fa lento, lo sguardo perso in qualcosa che non c'è più, che non avrò più.
Il diaframma si irrigidisce, faccio fisicamente fatica a respirare.
Sento la gente intorno a me fare progetti per il weekend. A volte anche solo stupidaggini come andare a far la spesa al supermercato, non grandi progetti. Mi graffiano il cuore, mi inceneriscono il cervello, mi tolgono il fiato.
Ho anche pensato di prendere dei sonniferi per dormire tutto il weekend, per non esserci. Finora non l'ho mai fatto. Ma forse dovrei farlo.
Dormire. Cos'è il sonno se non una blanda imitazione della morte?
Quando ero bambina chiamavo "non tempo" quello passato a dormire. Era il non tempo perché era sprecato, non potevo usarlo per fare le mille cose che volevo fare.
Quanto è lontana da me la gioia per la vita di quella bambina.

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