Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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lunedì 15 ottobre 2012

Il mio cimitero privato

Il mio cimitero privato: le foto nello studio di Pablo, le foto della sua famiglia.
Occhi celesti limpidi, ridenti mi guardano da quelle foto. Vispi, intelligenti, allegri quelli del padre, azzurri come il mare che aveva navigato. Dolci, affettuosi, con dentro la fatica della malattia quelli della madre, con ancora un sprazzo della vivacità delle sue foto di ragazza.
I suoi occhi furono la prima cosa che mi colpirono di Pablo, un cielo azzurro come sa esserlo solo quello di un giorno di febbraio che ha dentro la promessa della primavera.
Occhi che guizzavano di allegria. Occhi intelligenti, curiosi. Mi incantarono, mi incuriosirono, mi legarono a lui.
Dio, quanto vorri poterli guardare ancora quegli occhi.
Quanto mi mancano i suoi occhi ridenti.
Lo sguardo sornione che dietro ha un cervello che lavora senza sosta. Di chi osserva acutamente dando l'idea di guardare appena.
Quanto mi mancano quegli occhi azzurri capaci di infinita tenerezza nei miei confronti.

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