Non leggete questo blog

Non leggete quello che scrivo se non siete disposti ad accettare che il dolore esiste, che il dolore è qui e che rischia di sfiorarvi e forse di travolgervi.

Non leggetelo se non siete disposti a tacere.
Non ditemi mai "non DEVI fare così, non DEVI dire questo" .
Che ne sapete voi di quello che ho dentro? Che ne sapete voi di cosa vuol dire doversi alzare dal letto ogni mattina per affrontare il vuoto, il lutto, la mancanza irrimediabile?

Non leggetelo se siete convinti che la vita sia solo rose e fiori e non volete vedere il nero.

Non leggetelo se volete solo distrarvi.

Non leggete le mie parole se pensate di dirmi "la vita va avanti, devi vivere per te".

Qui vi troverete sbattuto in faccia il dolore soffocante, quello che impedisce di respirare.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il desiderio impellente, disperato, di morire per smettere di soffrire.
Qui vi troverete sbattuto in faccia il lutto cupo, devastante. Quello che impedisce di indossare i colori, non perché sia una convenzione sociale, ma perché il corpo li respinge, perchè il corpo può accettare solo il nero, il grigio e il bianco.

Qui vi troverete sbattuta in faccia tutta la mia rabbia per l'ingiustizia di questa morte. Per quello che non gli è stato concesso. Per quello che ci è stato tolto.

Non leggetemi se non siete disposti alla pietas, al cordoglio. Quelli veri.

Tutto questo che avete appena letto l'ho scritto nei primi anni del lutto, quando c'erano solo sofferenza, mancanza, rabbia. Adesso, attraverso un complesso e articolato percorso di elaborazione, di maturazione e di crescita personale, il manifesto è da aggiornare: Non leggete se credete che chi è morto è sparito o non esiste più , non leggete se pensate che chi amate vi abbia abbandonato, non leggete se non siete capaci di aprire la mente anche a ciò che non conoscete. Non leggete se non volete vivere pienamente la vostra nuova vita, quella dopo il lutto.
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lunedì 3 giugno 2013

Si può fare una classifica del lutto?

C'è un lutto peggiore di un altro?
Si dice che la cosa peggiore sia la morte di un figlio, perché il figlio, per natura è destinato a sopravviverti.
Non ho figli, immagino che sia terribile. Posso solo immaginarlo.
Ma immaginarlo non è come viverlo in prima persona, per questo non ne parlerò.

Mio babbo è morto a 48 anni, io non ne avevo ancora 15.
Mia mamma è morta a 84 anni, io ero adulta, con una mia vita autonoma.
Pablo è morto a 48 anni, era il mio amico, il mio compagno, il soggetto del mio amore come io lo ero per lui, insieme avevamo un progetto di vita che è stato distrutto.
Ognuna di queste morti mi ha ferito, mi ha straziato, è stata dolorosa.
Ognuna in modo diverso perché ero in momenti diversi dell mia via, con protezioni diverse.
A 15 anni non sei sola, c'è la famiglia a proteggerti,  c'è tua mamma che catalizza tutto il dolore, tutto il lutto, ne era impregnata. Io volevo uscire da quel dolore, a 15 anni madre natura ci spinge a vivere, si ha la vita davanti.
Quando muore la mamma, anche se ha 84 anni, se ne va un pezzo della tua vita, il tuo essere figlia non può più esistere. Il dolore è stato immenso anche per il modo in cui tutto è successo, per la repentinità, per la lontananza. Ma non ero sola, c'era Pablo al mio fianco a sostenermi. La sera potevo tornare da lui. Mi veniva in mente un salmo "Il Signore toglie, il Signore dà". Mi aveva tolto mia mamma, ma al mio fianco avevo chi era in grado di sostenermi.
Prendere in mano tutte le sue cose, vedermi passare la sua vita davanti, i suoi ricordi era come violare qualcosa che non mi apparteneva. Ho trovato le pantofole di mio babbo, le aveva conservate per tutta la vita. Così come aveva conservato le mie prime scarpine. E' stato terribile. Ho trovato tutti gli appunti della malattia di mio babbo e ho rivissuto anche quella morte. E' stato terribile.
 "Il Signore toglie, il Signore dà". C'era Pablo, non ero sola, alla fine, dopo aver chiuso quella di mia mamma,  sarei tornata nella mia casa dove io e Pablo avevamo la nostra vita.
La nostra vita.
 "Il Signore toglie.".
La morte di Pablo è la peggiore di tutte. Non era nell'ordine delle cose. Un pezzo di me se ne è andato con lui.
Il nostro progetto non c'è più.
La nostra complicità non c'è più.
Il nostro parlarci non c'è più.
Il nostro scherzare non c'è più.
Il nostro darci sostegno a vicenda non c'è più.
 "Il Signore toglie.".



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